San Carlo, caso Lissner: presentato il ricorso

Il sovrintendente si affida a un pool di tre avvocati

Stephane Lissner al San Carlo
Stephane Lissner al San Carlo
Maria Pirrodi Maria Pirro
Domenica 11 Giugno 2023, 00:00 - Ultimo agg. 13:32
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Non si vede più in teatro, ma fa sentire le sue ragioni in tribunale: l’ex sovrintendente del San Carlo Stéphane Lissner ha presentato ricorso contro la fine anticipata del contratto, effetto del decreto legge che ha equiparato i limiti di età dei manager stranieri e italiani, dal primo giugno senza prevedere proroghe. Appena dieci giorni dopo, il maestro francese, in precedenza al vertice della Scala e dell’Opera di Parigi, si è rivolto ai giudici per impugnare quello che aveva già definito un provvedimento «discriminatorio», «nullo», «illegittimo», «ingiustificato», «inefficace», «arbitrario», «irragionevole», nonché «un autentico atto espulsivo sul piano giuslavoristico», preannunciando «l’insorgere di una indesiderata situazione di conflitto nonché di un contenzioso oneroso». 

Innanzitutto, Lissner con i suoi difensori (ben tre) ha ricordato la durata quinquennale del contratto, con termine al 31 marzo 2025. E ha fatto notare che, solo nella sua «peculiare posizione», ovvero i 70 anni già compiuti a gennaio scorso, è scattata la norma che ne ha anticipato la scadenza. Una «lesione», l’ha definita, «anche alla luce della giurisprudenza costituzionale (tra molte, la sentenza n. 15 del 2017)». E ha messo in dubbio, inoltre, «necessità e urgenza» tali da cambiare le regole con l’intervento del Consiglio dei ministri invece di attendere il Parlamento.

Non a caso, nel pool legale, il manager francese ha coinvolto un avvocato di primissimo piano, esperto della materia, preannunciando l’intenzione di sollevare, nel corso della causa di lavoro, la questione di legittimità che potrebbe spingere il giudice a trasmettere tutto il fascicolo alla Consulta, sospendendo il dibattimento in attesa dell’altro verdetto.

La sua tesi è che sussista «una palese violazione dei principi» fondanti della Carta su «buon andamento e imparzialità dell’amministrazione». Due gli obiettivi: ricostituire il rapporto di lavoro e ottenere un risarcimento danno, anche per la perdita di chance. 

Non solo. Un altro motivo di contestazione riguarda l’incarico di direttore artistico, che Lissner sin da inizio mandato ha tenuto per sé e vorrebbe continuare a svolgere «per tutta la durata residua del contratto»; ruolo che nello statuto del teatro appare, però, legato a quello del sovrintendente. In attesa del verdetto, d’urgenza e nel merito, il ricorso ovviamente non esclude un accordo tra le parti, pur se difficile: Lissner si è già detto disponibile a «valutare ogni possibile soluzione transattiva». 

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Adesso i riflettori sono tutti puntati, però, sul Parlamento chiamato ad approvare il decreto enti, detto anche omnibus, che contiene le norme che riguardano Lissner. Questi i tempi: è programmato in settimana l’esame degli emendamenti, oltre 200 pervenuti in commissione Affari costituzionali a Montecitorio, e il 19 o il 20 giugno il testo potrebbe arrivare in Aula. Un passaggio decisivo per il San Carlo perché il sindaco Gaetano Manfredi, che presiede la fondazione lirica, ha più volte spiegato di voler attendere l’approvazione della legge alla Camera o al Senato prima di avviare l’iter per indicare il successore di Lissner, entro luglio. Uno slittamento della votazione potrebbe spingerlo a proporre direttamente un nome al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (che ha potere di veto), senza un avviso pubblico per la presentazione delle candidature. Escluso il sovrintendente della Scala, tutti gli altri potrebbero essere interessati. Sempre che il teatro non precipiti nel caos, come nelle scorse settimane, quando musicisti e tecnici hanno proclamato tre scioperi di fila e fatto saltare il «Don Chisciotte». Dall’8 giugno la musica è tornata grazie alla mediazione di Manfredi, che si è impegnato con i lavoratori a garantire aumenti in busta paga e assunzioni, difatti l’«Anna Bolena» è stata un successo. Ma una nuova riunione è fissata per giovedì 15. Troppo tardi per i sindacati che minacciano un nuovo stato di agitazione. 
 

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