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Autonomia, norma beffa di Calderoli: niente fondi alle Regioni più deboli. Sì ai Lep ma senza soldi

Ufficio parlamentare di Bilancio e Svimez: «Così non si superano i divari territoriali»

Autonomia, norma beffa di Calderoli: niente fondi alle Regioni più deboli. Sì ai Lep ma senza soldi
Autonomia, norma beffa di Calderoli: niente fondi alle Regioni più deboli. Sì ai Lep ma senza soldi
di Andrea Bassi
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 00:28 - Ultimo agg. : 13:16
4 Minuti di Lettura

Un piccolo inciso. Sei semplici parole. Senza le quali, però, la promessa inserita nella legge di Bilancio di superare le distanze tra il Nord e il Sud del Paese finisce per essere scritta sull’acqua. Nella legge di Bilancio il governo ha inserito una norma che prevede, entro un anno, la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Quel livello minimo di “qualità” del servizio che i cittadini italiani devono ricevere a prescindere dal posto in cui abitano. Un diritto di cittadinanza riconosciuto dalla Costituzione. La Manovra definisce i Lep come «la soglia di spesa costituzionalmente necessaria che costituisce nucleo invalicabile per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale». Una definizione mutuata da una recente sentenza della Corte Costituzionale (la 220 del 2021).

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Ma non viene recepito un altro passaggio di quella stessa sentenza, dove si afferma che i Lep sono anche «il nucleo invalicabile di garanzie minime». A rilevare questa differenza che sembra marginale, ma non lo è, è stato l’Upb, l’Ufficio parlamentare di Bilancio, l’Authority che certifica i conti pubblici. Inserire questo inciso si porterebbe dietro una conseguenza, spiega l’Upb: una volta stabilito per legge il Lep non potrebbe «essere finanziariamente condizionato». Insomma, oltre a stabilire sulla carta il livello del servizio, lo Stato dovrebbe anche garantire i soldi per renderlo concreto. Inutile stabilire quali sono i livelli delle prestazioni ideali se poi non ci sono fondi per consentire a chi oggi non può fornire quelle prestazioni di coprire le distanze. Il punto è centrale. Lo ha sollevato anche la Svimez che ieri ha inviato una memoria al Parlamento. «La norma», si legge nel documento, «appare sostanzialmente ispirata ad una ricognizione dell’attuale distribuzione delle risorse e dell’offerta di servizi, mentre risultano assenti meccanismi di riequilibrio dei divari territoriali.

L’assenza di una copertura finanziaria», spiega la Svimez, «rende impossibile (a meno che non si voglia contrarre la spesa storica per le Regioni con maggiore offerta di servizi) la possibilità di erogare prestazioni dove esse non ci sono o sono sottodimensionate». Un esempio è quello degli asili nido e il trasporto dei disabili. Quando sono stati creati i Lep, in questo caso, sono state stanziate anche delle risorse. Per gli asili nido la Manovra dello scorso anno aveva indicato che in ogni Comune almeno un neonato su tre avrebbe dovuto avere accesso al nido. E per questo aveva stanziato più di un miliardo di euro per chiudere il divario tra chi già raggiungeva questo Lep e chi invece no. Nella legge di Bilancio invece, i livelli essenziali delle prestazioni dovrebbero essere raggiunti senza oneri per la finanza pubblica. A parità di spesa, insomma. Questo, spiega la Svimez, «non appare in linea con l’obiettivo di medio termine: rimuovere i divari di cittadinanza persistenti nel nostro Paese». Insomma, i Lep sembrano essere inseriti nella manovra più per «l’urgenza politica di accelerare l’autonomia differenziata» e rischiano, dice ancora la Svimez, «di cristallizzare i divari territoriali». 

 

LA LINEA CONDIVISA

Una tesi in qualche modo condivisa anche dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio. «Tutta l’operazione», scrivono i tecnici guidati da Livia Cavallari, «sembra limitarsi a sistematizzare l’esistente, assumendo come Lep i servizi che sono già previsti dalla normativa o comunque sono offerti sul territorio». Detto ancora più chiaramente, «non sembra», scrive l’Upb, «che le esperienze più avanzate possano essere estese alle Regioni in ritardo, dal momento che un ampliamento complessivo dei servizi non viene finanziato». L’Autonomia differenziata, chiesta da Veneto e Lombardia, torna ad assumere la fisionomia di un progetto in grado di avvantaggiare chi ha già tanto a scapito di chi ha meno. I Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, uno dei prerequisiti inseriti anche nelle bozze della legge Quadro del ministro Roberto Calderoli per poter dare il via libera alle richieste autonomiste delle Regioni del Nord, rischiano di essere insomma dei contenitori vuoti. Non proprio quell’attenzione alle esigenze «perequative» posta ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come prerequisito allo sviluppo di qualsiasi forma di autonomia. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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