Alessia Pifferi che fece morire la figlia di stenti: «Le lasciavo due biberon di latte, pensavo bastassero»

La donna ha parlato davanti alla Corte d'Assise di Milano, nel processo in cui è imputata per l'omicidio volontario aggravato

Alessia Pifferi che lasciò morire la figlia di stenti: «Le lasciavo due biberon di latte, pensavo bastassero»
​Alessia Pifferi che lasciò morire la figlia di stenti: «Le lasciavo due biberon di latte, pensavo bastassero»
Martedì 19 Settembre 2023, 12:11 - Ultimo agg. 20 Settembre, 08:44
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«Sì, l'ho lasciata sola. Pochissime volte, non ricordo quante. Andavo via e di solito l'indomani tornavo subito a casa. Le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette di acqua e una di 'teuccio'. Ero preoccupata, avevo paura di molte cose, che riuscisse a bere il latte. Pensavo bastasse». Lo ha detto Alessia Pifferi davanti alla Corte d'Assise di Milano, nel processo in cui è imputata per l'omicidio volontario aggravato della figlia Diana di soli 18 mesi, morta di stenti dopo essere stata abbandonata da sola a casa per sei giorni.

Non era la prima volta

Rispondendo alle domande del pm Francesco De Tommasi, la 37enne ha spiegato di averla già lasciata sola altre volte prima di quella fatale. «Quando rientravo di solito era tranquilla che giocava con i suoi giochini nel lettino.

La lavavo, la cambiavo e le davo la pappa». Come ha spiegato Pifferi, in quelle occasioni andava in provincia di Bergamo dal compagno, con il quale aveva da tempo una relazione «tira e molla». Quando le è stato domandato come si comportasse solitamente con Diana, Pifferi ha risposto «la accudivo come una mamma accudisce normalmente un figlio. Le davo da mangiare, la lavavo e la cambiavo. Cose normali. Se stava male contattavo l'ospedale. La crescevo».

 

Il giorno della morte

«Quando sono rientrata quel 20 luglio del 2022 ho trovato mia figlia nel lettino, sono andata subito da mia figlia, non ricordo se la porta era aperta o chiusa. L'ho accarezzata, ma non si muoveva: ho capito che c'era qualcosa che non andava, non era in piedi come le altre volte». È un altro dei passaggi dell'interrogatorio di Alessia Pifferi. «Non era fredda la bambina, ho tentato di rianimarla, l'ho presa in braccia e le ho faccio il massaggio cardiaco, in bagno ho provato a bagnarle le manine, i piedini e la testa per vedere se si riprendeva» aggiunge la donna, senza emozionarsi nel ricordare quei momenti, nell'aula del Palazzo di giustizia di Milano. La 37enne racconta la corsa verso una vicina di casa per chiedere aiuto e la bugia «le disse che avevo lasciato Diana a una babysitter perché ero sotto choc. Tremai, sudai, mi misi a piangere, chiama il 118», poi la richiesta al compagno - con cui aveva trascorso i giorni in cui la piccola è rimasta sola - di raggiungerla ma «lui non venne. Piangevo, tremavo, ero sotto choc, capii che non c'era più nulla da fare quando vidi i medici» conclude.

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