Camilla Marianera, la praticante avvocato e la talpa a piazzale Clodio: «Tutto falso, ho millantato per soldi»

«Ho ingigantito le mie conoscenze per creare un bacino di clienti, non lo rifarei»

Camilla Marianera, la praticante avvocato e la talpa a piazzale Clodio : «Tutto falso, ho millantato per soldi»
Camilla Marianera, la praticante avvocato e la talpa a piazzale Clodio​: «Tutto falso, ho millantato per soldi»
di Michela Allegri
Mercoledì 6 Marzo 2024, 22:38 - Ultimo agg. 7 Marzo, 12:50
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In aula ha tentato di ridimensionare le accuse a suo carico: quelle, pesantissime, di avere venduto informazioni coperte dal segreto istruttorio ottenute sottobanco da un agente in servizio nell’ufficio intercettazioni della cittadella giudiziaria di piazzale Clodio. «Ho millantato di avere conoscenze, anche in sala intercettazioni», ha detto ieri dal banco degli imputati la praticante avvocato trentenne Camilla Marianera, finita prima in manette e poi a processo per corruzione in atti giudiziari. «Ho ingigantito le informazioni che in realtà avevo preso da internet, anche sul funzionamento del sistema, con la luce verde e rossa, ho trovato la foto sul web. L’ho fatto per procurarmi un bacino di clienti e fare più soldi, ma ora se tornassi indietro non millanterei più», ha aggiunto la giovane. Il riferimento è a una delle contestazioni fatte dai pm Francesco Cascini e Giulia Guccione e riportate in un’informativa dei carabinieri.

LE CONVERSAZIONI

Dalle conversazioni captate dai militari durante le indagini è infatti emerso che la praticante avvocato avrebbe illustrato a un cliente meccanismi troppo precisi: aveva spiegato che quando le intercettazioni e i servizi di osservazione telematica erano terminati, o le indagini era concluse, nel sistema informatico della Procura veniva inserito il termine «cessato» che, dal programma, viene evidenziato con il colore rosso.

Un dettaglio che, per l’accusa, poteva essere conosciuto solo dalle persone interne all’ufficio intercettazioni, essendo stato ideato, a suo tempo, proprio da un dipendente di quell’ufficio.

Nel febbraio dello scorso anno Marianera era finita in carcere insieme al compagno Jacopo De Vivo. Ora non sono fianco a fianco sul banco degli imputati: lui ha optato per il rito abbreviato e a suo carico la procura di Roma ha chiesto una condanna a 6 anni di reclusione. La giovane ieri ha risposto alle domande della pm Guccione e dei giudici dell’ottava sezione penale. Ha parlato dell’incontro con uno dei clienti, Luca Giampà, arrestato poi per tentato omicidio ai danni di Antonio Casamonica nell’agguato avvenuto nel luglio 2019 in zona Spinaceto, a Roma. «Con De Vivo incontrai Giampà che ci disse di aver trovato un gps nella sua auto. Io in seguito gli dissi che avevo controllato e gli dissi che aveva il telefono sotto controllo, perché lo diedi per scontato» ha detto in aula la praticante avvocato. E ancora: «De Vivo sapeva che io con Giampà millantavo, ma la nostra relazione era abbastanza litigiosa e in un momento di rabbia gli dissi che se non avessi preso 500 euro per il mio servizio me li doveva dare lui». Una versione differente rispetto a quella fornita nel corso dell’interrogatorio, nel quale aveva negato che De Vivo sapesse delle presunte millanterie. «Non ero lucida, ero provata, ero in galera da meno di 24 ore e non avevo dormito», ha detto ieri la giovane.

L’IMPUTAZIONE

I fatti contestati dagli inquirenti vanno dal 2021 al dicembre dello scorso anno. Nel capo di imputazione si legge che De Vivo e Marianera «erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all’ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l’esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l’esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta».

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