Il killer sfidò Edoardo Sforna: «Voglio
vedere quanto sei forte». Poi gli spari

Edoardo Sforna in piscina
Edoardo Sforna in piscina
di Luca Lippera
Domenica 28 Agosto 2011, 11:03 - Ultimo agg. 28 Settembre, 00:06
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ROMA - A Sforna: mo’ famme vede’ quanto sei forte. Lo sconosciuto che marted scorso a Morena ha ucciso Edoardo Sforna, diciotto anni, ha sibilato alla vittima tutto il rancore che aveva dentro prima di sparargli. I testimoni sentiti dai carabinieri gli interrogatori, nonostante il silenzio tombale della Procura, vanno avanti senza sosta delineano con sempre maggiore precisione il quadro di un delitto meditato, voluto e ferocemente portato a compimento. Un ruolo chiave, nella ricostruzione delle parole gridate dal giovane assassino, lo avrebbe avuto Mahmoud Younes, titolare della pizzeria dove è avvenuto l’omicidio. L’egiziano, da quanto se ne sa, non ha visto in faccia il ragazzo che ha fatto fuoco, ma ne ha percepito le frasi dall’interno del locale. «Che facevi? Er pugile? avrebbe detto il killer a Dodo Mo’ vedemo». Gli spari hanno chiuso il monologo.



La parola «pugile» introduce un nuovo possibile retroscena del delitto. Edoardo Sforna, fisico possente, bagnino nella piscina comunale di Ciampino, fino ad alcuni mesi fa frequentava una palestra dove aveva provato anche i guantoni, il sacco e il ring. Insomma: c’era stato un avvicinamento, niente di più, con la boxe. L’altroieri è emersa la notizia che Dodo, durante lo scorso fine settimana, proprio in piscina, avrebbe avuto una discussione con un terzetto di borgatari, ripresi perché non rispettavano le regole dell’impianto sportivo.



Non c’è traccia né di una zuffa né di altro. Non attorno alla vasca, almeno. L’identikit degli aggressori è stato già mostrato ad alcuni frequentatori dell’impianto nella speranza che qualcuno possa ricollegare i volti (la ricostruzione virtuale dei volti) a un nome. Ma è chiaro che ormai c’è un’ipotesi: il diciottenne, in quanto bagnino, forte di una stazza non comune, potrebbe aver costretto qualcuno ad abbozzare e a battere in ritirata. Una cosa che un «coatto», in una periferia dove imperano il bullismo, il mito dell’onore e la cocaina, può ritenere un affronto non tollerabile.



Mahmoud Younes, l’egiziano titolare della pizzeria del delitto, nel territorio del X Municipio, estrema periferia sud-est, viene ritenuto un testimone chiave. L’uomo, datore di lavoro della vittima, nella tragica sera di martedì ha tenuto per quindici minuti la mano a Sforna mentre il ragazzo agonizzava. Il fattorino, assunto per l’estate per le consegne a domicilio, potrebbe avergli sussurrato diverse cose con le ultime forze che aveva in corpo. Ma c’è da credere che Younes sia a dir poco sulle spine: il locale è frequentato da diversi pregiudicati e la paura può consigliare a un testimone prudenza se non proprio reticenza.



Resta il fatto che gli sconosciuti che hanno ucciso Sforna sono ancora liberi. Eppure gli elementi forniti alla Procura sembrano copiosi: due giovani, uno più alto, uno più basso, occhi chiari, capelli tra il biondo e il castano, una lite come possibile movente, più testimoni. La nebbia, però, non si dirada. Il fatto è che il 2011, il sindaco Alemanno lo ha fatto capire senza giri di parole, si sta rivelando un anno critico per gli investigatori. Non tanto per il numero dei delitti i ventisette registrati finora rientrano nella media ma perché quasi tutti quelli in cui si intravede la mano della malavita sono insoluti. Sette di questi sono affidati alla Squadra Mobile della Questura. Su altri due (il giallo di Morena e quello dei benzinaio ucciso a Cerveteri) indagano i carabinieri. Il totale è nove e siamo solo a fine agosto.
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