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Riccardo Blasi suicida a 24 anni, il papà: «Terapie contro la sclerosi multipla avevano funzionato, forse non ci ha creduto»

Rieti, il padre: «Amava il basket, il coach disse che era troppo magro: trauma mai superato»

Riccardo Blasi suicida a 24 anni, il papà: «Terapie contro la Sla avevano funzionato, forse non ci ha creduto»
Riccardo Blasi suicida a 24 anni, il papà: «Terapie contro la Sla avevano funzionato, forse non ci ha creduto»
di Raffaella Di Claudio
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 21:51 - Ultimo agg. : 8 Dicembre, 12:31
5 Minuti di Lettura

«Una delle soddisfazioni più grandi è stata la palla rubata a David Hawkins, quello che da piccolo andavo a vedere al palazzo. Non una palla sporca, ma una palla rubata affrontandolo faccia a faccia, come sapevo fare io nel cambio di mano». Papà Gianni, mentre ripete a memoria le ultime parole scritte dal figlio si ferma e la voce si rompe. «Scusi, mi emoziono». È passata poco più di una settimana da quando Riccardo Blasi, 24 anni, sul Terminillo ha deciso di fermare per sempre la sua vita con un colpo di pistola, quella del papà, guardia giurata. Sull’ultimo biglietto ritrovato dai genitori ha racchiuso le sue gioie e i suoi dolori, chiedendo «scusa a tutti» per essere andato via così. «Non era mai stato tanto sereno come in quei giorni – racconta Gianni – E forse è questo che ci ha fregato: la sua serenità. La mattina si era svegliato alle 11, aveva fatto colazione, poi la doccia, il pranzo e si era messo a vedere il programma Amici di Maria De Filippi, che gli piaceva tanto. Nel pomeriggio ha visto la partita dei mondiali. Giocavano Brasile e Svizzera».

APPROFONDIMENTI
Foto
Riccardo si spara con la pistola del padre
Sla e depressione, l’addio al giovane che amava il basket
I tifosi del Real Sebastiani ricordano Riccardo Blasi
I genitori di Riccardo Blasi ringraziano il Real Sebastiani e il movimento cestistico locale per la vicinanza
Riccardo Blasi

Non aveva vissuto anni facili, Riccardo. «Voleva fare il giocatore di basket – dice il papà – Lo sognava da quando era bambino. Ha iniziato nella Sebastiani Rieti, poi ha proseguito con la Willie basket e con la Npc. Fino alla serie A2, un’opportunità concessagli dall’allenatore del settore giovanile della Npc, Gianluca De Ambrosi. Lì il suo sogno si è infranto». A interromperlo per sempre la frase pronunciata da un formatore durante gli allenamenti. Sei anni dopo l’ha trascritta fedelmente nella sua lettera d’addio. «Tu sei troppo magro per giocare qui, mi dissero, e io non sono riuscito a rispondere, però determinate parole fanno troppo male», ha scritto Riccardo. «Chi forma i ragazzi dovrebbe pensare bene, prima di parlare – osserva Gianni – Riccardo era bravissimo a giocare, ma era anche sensibile, introverso, buono, educato, chiedeva scusa anche se ti sfiorava. Non ha avuto il coraggio di ribattere. Però quella frase lo ha segnato in maniera indelebile. Ha cominciato ad andare in palestra, si allenava anche a casa e in poco tempo è riuscito a mettere su un fisico invidiabile». 

LA SCLEROSI MULTIPLA

Poi due anni fa è arrivata la malattia. Una diagnosi di sclerosi multipla certificata a giugno 2021 e che a novembre dello stesso anno, grazie alle terapie eseguite ogni 28 giorni era riuscito completamente a bloccare. «Le prime avvisaglie c’erano state durante il periodo del Covid – ripercorre Gianni – Era iscritto alla facoltà di Economia e Commercio dell’università di Perugia e non riusciva più a studiare con facilità. Contemporaneamente iniziava ad aver problemi ad un ginocchio. Il gennaio del 2021 è stato terribile, la malattia è esplosa, ma è stata diagnosticata solo a giugno quando siamo andati al Sant’Andrea, dove non finirò mai di ringraziare il professor Marco Salvetti, la sua equipe e il direttore sanitario Paolo Anibaldi. Ma anche la dottoressa Carmela Romano e il reparto di neurologia di Rieti. Quando ha iniziato le cure ha risposto in maniera eccellente, tanto che da novembre 2021 non ha avuto più lesioni. La risonanza di maggio 2022 era pulitissima. Aveva ripreso persino ad andare in palestra. Il professor Salvetti era soddisfattissimo. Gli disse: «Riccardo, è infinitamente improbabile che tu abbia una ricaduta». Ma forse – sospira papà Gianni – lui non ci ha creduto. Tanti riescono ad andare oltre, ma lui era un atleta e poi, lo sa meglio di me, oggi su internet se ne leggono di ogni tipo. Forse non si è fidato, non ha creduto di poter vivere quel piano “b” che, in realtà, c’era». Ha scelto un’altra strada e, come si fa quando si pianifica un viaggio, ha salutato tutte le persone a lui care. «Dopo – ammette Gianni – abbiamo compreso il senso dei saluti, degli incontri e dei messaggi che voleva inviare agli amici, agli allenatori, come Mauro Angelucci al quale ha mandato il suo ultimo messaggio Whatsapp. Voleva rivedere anche la sua maestra delle elementari, ma non è riuscito a trovarla». 

 

UN RAGAZZO D’ORO

Persone importanti per Riccardo che oggi papà Gianni vuole ringraziare al posto suo. «Non voglio dimenticare nessuno» e inizia citando Giuseppe Cattani presidente della Npc basket, oltre agli allenatori De Ambrosi e Angelucci, i colleghi Andrea Grillo, Gianluca Tilli, Franco Cerafogli, Sergio Vio, i personal trainer Marco Gunnella e Mario Leoncini e i fisioterapisti Diego ed Elisabetta. «Tutti avevano capito che era un ragazzo d’oro, e li ringrazio», ribadisce Gianni e intanto cerca le foto «in cui si vede bene. In questa ci siamo tutti e tre (papà, mamma Francesca e Riccardo, ndr), l’abbiamo scattata a Roseto». In un’altra sorride dietro agli occhiali da sole. «L’abbiamo scelta per il ricordino funebre – dice Gianni – accompagnata dall’invito a ricordarlo con il sorriso e con una preghiera. Parole semplici, come Riccardo voleva ed era».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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