Sara Buratin accoltellata a 20 chilometri da Giulia Cecchettin. «L’ha uccisa il compagno», la ricostruzione

Colpita con 20 fendenti a casa della madre dove si era trasferita dopo la separazione

Sara Buratin accoltellata a 20 chilometri da Giulia Cecchettin. «L’ha uccisa il compagno», la ricostruzione
Sara Buratin accoltellata a 20 chilometri da Giulia Cecchettin. «L’ha uccisa il compagno», la ricostruzione​
di Marina Lucchin e Nicola Munaro
Mercoledì 28 Febbraio 2024, 00:45 - Ultimo agg. 14:46
4 Minuti di Lettura

Quando circa due settimane fa Sara Buratin, 40 anni, dipendente in uno studio dentistico di Padova, lasciava la casa di via San Gabriele a Bovolenta, dove viveva con il compagno Alberto Pittarello, 39 anni, tecnico delle caldaie, per tornare a vivere con la figlia di 15 anni a casa di sua madre in viale Italia, lui, il papà della sua bambina, prendeva un giorno di ferie da lavoro. Lo prendeva per ieri.
E ieri, nel suo giorno di ferie, l’ha uccisa con 20 coltellate, a tradimento, prendendola alle spalle senza lasciarle nemmeno il fiato per urlare, dopo averla attirata nella sua trappola che probabilmente tesseva da giorni e giorni. Poi, di lui, si perde ogni traccia. Inabissato nel Bacchiglione con il suo furgone? O questo è stato un depistaggio e Alberto Pittarello è in fuga tra i campi?

Sara Buratin uccisa a coltellate in casa in provincia di Padova, il cadavere scoperto dalla madre. Ora si cerca il corpo del marito nel Bacchiglione

LA TRAPPOLA

L’ennesimo femminicidio nel Veneto di Cecchettin, a poco meno di 20 chilometri dal luogo in cui venne assassinata Giulia, ha come coordinate temporali uno spazio che va dalle 10.05 e le 10.35 di ieri mattina, a Bovolenta, in viale Italia. Le ragioni sono quelle di una storia finita, di lei che se ne va, lui che non lo accetta, mosso da un’idea malata di possesso.
Era stato l’uomo a prendere appuntamento con l’ex compagna per ieri mattina: le aveva detto che le avrebbe portato un motorino da far usare alla loro figlia.

Così, alle 10.05, un lettore targhe fotografa quella del furgone Nissan di Pittarello nella zona di viale Italia. Mezz’ora dopo, attorno alle 10.35, una vicina racconta ai carabinieri di aver visto il furgone andare via. È in quell’arco di tempo che il sostituto procuratore Sergio Dini inscrive il femminicidio. L’esame esterno effettuato dalla dottoressa Barbara Bonvicini cristallizza l’aggressione alle spalle e la ventina di coltellate date con un pugnale da escursionista che Pittarello si era portato da casa e che poi è stato trovato sul luogo del delitto.

IL TELEFONO

Il fatto che poi nessuno abbia più visto il furgone e nessun varco elettronico lo abbia fotografato da quel momento in poi, ha spinto gli inquirenti a tracciare il telefonino dell’uomo: i dati elettronici hanno risposto che il cellulare era fermo da diverso tempo in una zona arginale del Bacchiglione, non distante dalla casa del femminicidio di Sara Buratin. Lì si sono concentrate le ricerche che nel giro di pochi minuti hanno sortito l’effetto sperato: un’auto dei carabinieri ha trovato segni di scarrocciamento sull’argine, verso il letto del fiume.
Nello stesso punto anche dei pezzi di carrozzeria che poi - tramite il telaio - sono stati accertati essere del furgone di Pittarello. Questo mentre 200 metri prima del luogo dell’inabissamento, un’altra auto dell’Arma ha trovato il cellulare di Pittarello, buttato a terra.

L’ALLARME

A chiamare i soccorsi è stata la mamma di Sara, Maria Pasqualetto. La figlia le aveva detto che sarebbe andata in giardino perché l’ex doveva portare il motorino. Si era infilata le scarpe ed era uscita in tuta, senza neanche infilarsi la giacca, perché tanto sarebbe stata questione di pochi minuti. Ma dopo un po’ Sara non era ancora rientrata. Così la mamma della 40enne è uscita dalla porta davanti. Del furgone del genero non c’era traccia. Quindi è andata sul retro: Sara era lì, esanime, in un pozza di sangue. La speranza di salvarla le ha dato l’energia di correre in casa e chiamare il 118. Ma per la figlia non c’era nulla da fare. Quando le hanno detto che Sara era morta, il suo cuore è stato sopraffatto dal dolore e la donna ha accusato un malore. 
La casetta di viale Italia, che il Comune aveva dato alla famiglia Buratin nel 2010, dopo che l’alluvione aveva danneggiato la loro abitazione verso Casalserugo, è diventata teatro, al di là del nastro rosso e bianco, del via vai di carabinieri, medico legale, pubblico ministero, necrofori, tra lo sbigottimento dei vicini di casa, che da qualche tempo avevano visto l’auto rossa di Sara parcheggiata davanti casa della madre anche di sera. Segno che la donna era tornata a vivere lì, dopo aver rotto con il compagno. Invece quella casa, che doveva essere un rifugio, è diventata il teatro di un’altra inaccettabile morte. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA