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Dubai usa i droni per provocare la pioggia anti-afa, ma il temporale crea il caos

Dubai usa i droni per provocare la pioggia anti-afa, ma il temporale crea il caos
Dubai usa i droni per provocare la pioggia anti-afa, ma il temporale crea il caos
di Francesca Pierantozzi
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 27 Luglio 2021, 07:30 - Ultimo agg. : 13:12
4 Minuti di Lettura

La sera di martedì scorso, 20 luglio, ancora pioveva a tarda sera sull'autostrada che porta a Khatam al Shukla, negli Emirati, al confine con l'Oman. La terra del deserto, l'asfalto perennemente rovente e pure gli automobilisti, tutti parimenti impreparati agli acquazzoni, alla fine sono andati in tilt, con auto ferme e allagamenti surreali vista la regione. Il video dell'evento è stato trasmesso dal National Center of Meteorology, con sede all'aeroporto di Dubai, e corredato dalla necessaria spiegazione: perché no, le piogge torrenziali di quella sera (come quelle delle scorse settimane, tutte intorno a Dubai) non sono state normali precipitazioni atmosferiche né tantomeno la risposta alle preghiere degli accaldati (il termometro ha sfiorato anche i 50 gradi) residenti negli Emirati, ma il frutto del sapiente bombardamento con scariche elettriche delle nuvole sopra gli Emirati, costantemente monitorato da una squadra di droni. La tecnica della semina delle nuvole o cloud seeding è nota da decenni, è ormai regolarmente impiegata in Cina (ma anche, con più parsimonia, negli Usa o in Francia) ma sta ormai diventando di uso comune negli Emirati.

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Il riscaldamento climatico ha portato le autorità a ricorrere per ben 126 volte dall'inizio dell'anno ai bombardamenti di nuvole per far scendere l'acqua e cercare di domare il termometro. 

Grazie a una consulenza avviata con l'università britannica di Reading, Dubai beneficia ormai di una tecnica d'avanguardia per procacciarsi pioggia: non bombardamenti con ioduro d'argento ma scariche elettriche gestite da droni. Soltanto negli ultimi giorni, aerei e droni hanno provocato ben quattordici temporali. 

Il sollievo a terra naturalmente è immediato. Il problema, mettono in guardia gli esperti, è che il cielo non è una doccia, e i meteorologi, per quanto sempre più padroni della tecnica, non riescono ancora ad aprire e chiudere il rubinetto quando vogliono, né tantomeno a dosare il flusso dell'acqua. Risultato, negli ultimi giorni le piogge sono state più torrenziali del previsto, provocando anche crisi di panico tra residenti e soprattutto automobilisti, poco avvezzi non solo a guidare, ma anche a vedere tanta acqua sopra la loro testa. 

Video

Ogni missione di pioggia è molto costosa, considerando che un solo bombardamento vale circa 35 milioni di euro. I benefici per la popolazione e l'agricoltura rendono tuttavia il cloud seeding molto più redditizio ed efficace degli impianti di desalinizzazione dell'acqua, il dispositivo più usato finora per cercare di combattere l'arsura (gli Emirati sono il secondo produttore di acqua desalinizzata, dietro i vicini sauditi). Senza contare l'euforia che provoca la pioggia (a condizione naturalmente di non perdere il controllo e provocare tempeste): «Quando vediamo che comincia a piovere c'è molta eccitazione, c'è felicità, è una cosa straordinaria» ha detto all'agenzia France Presse Mark Newan, copilota al Centro nazionale di meteorologia e sismologia all'aeroporto di Al-Ain, base della squadra incaricata di stuzzicare le nuvole su Dubai per combattere contro il caldo. 

La pioggia a comando fu usata una prima volta a New York nel 1946 per far fronte a un eccezionale episodio di grave siccità. In Cina è diventata pratica corrente per dare sollievo a regioni aride, inclusa la capitale Pechino. Sono più di venti ormai i paesi al mondo che intervengono artificialmente sul clima per rendere più clementi le temperature, causando, in alcuni casi, conflitti politici tra diverse regioni con reciproche accuse di furti di pioggia. Per gli ecologisti, tuttavia, gli interventi sulle nuvole possono essere misure puntuali in caso di episodi estremi per dare sollievo alla popolazione o dare una mano all'agricoltura, ma non possono in nessun modo essere un'arma per combattere il riscaldamento climatico. Gli Emirati sono tra i paesi più all'asciutto del mondo, con una media di precipitazioni annue di 78 millimetri (secondo i dati della Banca Mondiale) contro gli 850 dell'Italia e i circa 1200 del Regno Unito. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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