Biden, un anno alla Casa Bianca: top e flop di un presidente alle corde

Biden, un anno alla Casa Bianca: top e flop di un presidente alle corde
di Luca Marfé
Giovedì 20 Gennaio 2022, 06:00 - Ultimo agg. 21 Gennaio, 12:02
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Un anno di pandemia, un anno di economia, un anno di Storia.
Un anno esatto dal 20 gennaio 2021, un anno enorme dal giuramento di Joe Biden come 46º presidente degli Stati Uniti d’America.

Prima di ogni altra cosa, di Storia, sì: perché è proprio lui il Commander in Chief più votato dell’intera saga di questo Paese. Più delle piazze piene di Obama, più dei comizi feroci di Trump, suo avversario e grande sconfitto, anche grazie alle ondate del voto postale.

Al di là della gloria, però, l’orizzonte non è nitido affatto.
Anzi: è politicamente tetro
.

Il cigno nero, pesante come un macigno, è naturalmente il Covid-19.

E qui Biden ha fallito e basta.

Già, perché a prescindere dalla folle imprevedibilità di quest’incubo, di tutte le sue varianti e della sfilza di ripercussioni, ciò che è stato oggettivamente errato ha riguardato la comunicazione. In particolare, una promessa plateale che sapeva, come sapevano i suoi consiglieri, che avrebbe potuto non mantenere. Quella «Indipendenza dal virus» che, oramai nel lontano 4 luglio scorso, è rimasta Indipendenza nazionale, e tra virgolette “punto”.
Uno scivolone clamoroso, assai più rumoroso di qualche scivolone che lo ha visto fisicamente protagonista tra i passi di scalette dell’Air Force One.
Una cantonata che ha prodotto un doppio effetto negativo: illusione e stanchezza. E la stanchezza oggi è tanta. E non soltanto tra le file degli agguerriti oppositori filo-trumpiani e repubblicani (che, attenzione, continuano a essere persino due forze diverse). Ma anche tra le sacche più disagiate del popolo democratico.

Vaccini, sì, ma comunque in uno scenario socio-culturale che resta fondato sulla libertà di scelta, sulla libertà in generale. E con una percentuale di vaccinati completi che, non a caso, si ferma al 63%. Con buona pace del vecchio Joe e con testardaggine quasi fiera della fetta di torta mancante. Di quegli scettici, cioè, che per ragioni politiche, ideologiche e addirittura religiose, difficilmente cambieranno mai idea. E con la ciliegina, amarissima, del ceffone rifilato dalla Corte Suprema allo stesso Biden che tanto si era affannato per imporre l’obbligo per le grandi aziende. Ennesima mossa sbagliata, rispedita al mittente. 

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Infine l’economia, per certi versi il tasto più dolente.
Con i maxi piani bloccati, con l’inflazione che vola e con i numeri del lavoro sbandierati invece come fossero un trionfo. Ma con una realtà là fuori che tratteggia il volto di un’America ancora sofferente. Con Omicron che ha abbassato parecchie altre saracinesche e di nuovo svuotato troppe strade, specie nelle città che hanno sposato restrizioni e chiusure. E in questo senso, la cattedrale democratica di New York è l’emblema tangibile di un presidente alle corde.
Come confermano gli indici di gradimento, da tempo perennemente ai minimi, tra il 30 e il 40%.
Come stigmatizza quella rivoluzione buona che ci si aspettava e viceversa mancata, fallita. La rivoluzione di un’unione che non c’è. Perché l’America è divisa, forse più di ieri.

Biden ci riprova, oggi si ricomincia.
Praticamente daccapo.

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