Elezioni regionali 2020, resa dei conti in Forza Italia dalla Valle d'Aosta a Napoli

Elezioni regionali 2020, resa dei conti in Forza Italia dalla Valle d'Aosta a Napoli
di Valentino Di Giacomo
Lunedì 24 Agosto 2020, 08:00 - Ultimo agg. 20:13
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La quiete prima della tempesta. Se in Campania «la pace di ferragosto» - copyright Antonio Tajani serve solo per sedare le liti interne tra le varie truppe di Forza Italia in vista delle elezioni regionali, non è diversa la situazione in tutto il resto del Paese. Ormai il partito è dilaniato dalle faide intestine. C'è la componente che non vuole morire sovranista e spera nell'introduzione di una nuova legge elettorale in senso proporzionale per affrancarsi da Salvini e Meloni, poi c'è chi anche per ragioni di necessità, soprattutto al Nord non può fare a meno che lavorare per tenere in piedi buoni rapporti con gli alleati. Una spaccatura che ha avuto un peso anche nella formazione delle liste per le prossime elezioni amministrative, non solo nelle sette Regioni chiamate al voto, ma pure nei grandi Comuni.

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A Napoli lo scontro è stato incentrato soprattutto su questioni locali con l'eclatante caso di Armando Cesaro. La guerra è divampata soprattutto tra il coordinatore regionale, Mimmo De Siano, con l'europarlamentare Fulvio Martusciello. Una battaglia nata soprattutto per la guida del partito regionale che poi si è riflessa sui singoli candidati da presentare. Alla finestra sono rimasti tanti altri big campani a cominciare dalla vicepresidente della Camera, Mara Carfagna e i suoi fedelissimi. Ormai in Forza Italia non si attende altro che il varo della prossima legge elettorale per le prossime Politiche: se passasse il proporzionale ci sarebbe la corsa a spingere su Silvio Berlusconi per convincerlo a smarcarsi da Matteo Salvini e Giorgia Meloni e puntare a creare un nuovo progetto politico moderato. Un'eventualità non scartata neppure se il nuovo sistema di voto tardasse ad essere introdotto. In Campania mai come stavolta Fi ha avuto difficoltà a mettere in campo candidati di livello e si teme che il 21 settembre con un possibile sorpasso nei consensi di Lega e Fdi possa essere tecnicamente decretato il funerale di un partito che solo pochi anni fa superava il 30 per cento dei consensi. A quel punto la diaspora si aprirebbe comunque.
 


Ma i mal di pancia ci sono in ogni Regione chiamata al voto. Se in Campania l'opera di mediazione di Antonio Tajani ha scongiurato le dimissioni di Mimmo De Siano da coordinatore, non è riuscita l'impresa in Toscana. Inutile, fino a ieri, pure il pressing in prima persona dello stesso Silvio Berlusconi su Stefano Mugnai. L'ormai ex coordinatore si è dimesso dalla guida del partito in Toscana. La decisione, come scrive lo stesso Mugnai che ha già trasmesso a Silvio Berlusconi la decisione, è stata fatta «per la scelta fatta dal livello nazionale in ordine ad una capolista». Nel mirino delle accuse di Mugnai sono finiti Licia Ronzulli e Antonio Tajani. In pratica il partito nazionale ha fatto di tutto per mettere a capolista un proprio fedelissimo passando al di sopra delle volontà del coordinatore regionale. In Toscana il capolista ha importanza perché riesce ad intestarsi in proporzione anche i voti che gli elettori marcano sul simbolo del partito. «Il mio ha detto Mugnai - è un gesto dovuto verso i nostri militanti e dirigenti che si sono trovati di fronte ad una decisione poco comprensibile e che avevano necessità di ricevere un segnale politico forte: era mio dovere darglielo».

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Non un dibattito nuovo in Forza Italia. In Puglia, già un anno fa, a fare lo stesso gesto di Mugnai fu l'allora coordinatore Luigi Vitali, poi rimpiazzato da Mauro D'Attis. Fibrillazioni che ora si sono riverberate sulla questione delle liste a sostegno di Raffaele Fitto, anche lui passato da fedelissimo berlusconiano a Fdi proprio per le solite faide interne. In Puglia, pur di riuscire a mettere dentro candidati di rilievo, Fi è dovuta ricorrere persino ad un ex assessore dell'attuale governatore Pd, Michele Emiliano: Leo Di Gioia. Del resto, a furia di epurazioni, ne sono rimasti in pochi. Negli anni Fi ha fatto allontanare dal partito veri e propri recordman di preferenze come l'ex sottosegretario Massimo Cassano, uno che alle elezioni regionali del 2010 fu il terzo uomo più votato d'Italia.
Nelle Marche Fi ha dovuto far ricorso ad una lista civica pur di raggranellare consensi così come in Liguria. In Veneto, dove Fi langue nei consensi, si era pensato persino di inglobare l'ex leghista Flavio Tosi. Curioso invece quanto avviene in Val d'Aosta: qui i berlusconiani corrono contro la Lega e insieme a Fdi, con un simbolo che ricorda l'Ncd di Angelino Alfano. La speranza è non fare la stessa fine del partito dell'ex ministro degli Esteri. Ma tra tante battaglie interne, il rischio è che si perda tutti la guerra. 

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