Letta colto alla sprovvista: «Ma servirà per rafforzarci»

Enrico Letta con la presidente lituana Dalia Grybauskaite
Enrico Letta con la presidente lituana Dalia Grybauskaite
Venerdì 29 Novembre 2013, 10:48 - Ultimo agg. 10:51
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Dal nostro inviato a Vilnius

Alberto Gentili



Non ho alcun timore del passaggio parlamentare, servir per dare pi forza e legittimit al governo. Enrico Letta fa sfoggio d’ottimismo. Fa sfoggio di ottimismo quando da Roma, dopo una telefonata con il Quirinale, rimbalza la notizia che Giorgio Napolitano ha concesso a Forza Italia la certificazione della fine delle larghe intese. Ma in realtà la decisione del capo dello Stato ha colto di sorpresa il premier. Ancora alle sette di sera nel suo entourage di affermava: «La natura del governo non è mutata». E il giorno prima Letta aveva messo a verbale: «Rimane una maggioranza tra forze che erano avversarie e che torneranno avversarie». Napolitano non è stato della stessa opinione. Ciò detto, non è certo il Quirinale il problema di Letta, che parla di «piena sintonia» e per il momento esclude di presentarsi disimissionario.



STRATTONI

Il problema è che il governo è strattonato da destra e da sinistra. E stare tra due fuochi non è certo il massimo. Ma ad Alfano che dice che la vita dell’esecutivo dipende da lui e a Renzi che chiede una svolta, Letta risponde rilanciando. «Nell’interesse del Paese raccogliamo la sfida», dice un suo strettissimo collaboratore nella hall dell’hotel Radisson Astorija, dove il premier italiano è approdato per partecipare al summit tra Europa e partner orientali. «Non abbiamo paura di leadership forti. Ci sono le condizioni dopo la conclusione del congresso del Pd, per rendere ancora più stabile il governo. Per noi il pungolo dei partiti non è una minaccia, ma un’occasione».

Ebbene, per tentare di trasformare gli avvertimenti di Renzi e Alfano in un tesoretto di stabilità, Letta compirà quella che ai tempi della Prima Repubblica si chiamava ”verifica”. «Vedrò i leader dei partiti e dopo le primarie del Pd insieme tireremo le somme», argomenta il premier. L’approdo dovrà essere la firma da parte del futuro segretario democrat e del capo del Ncd di un ”Nuovo patto di coalizione”. Patto che sarà siglato in occasione del «passaggio parlamentare» concesso da Napolitano a Forza Italia. Probabilmente dopo l’8 dicembre: Letta e il presidente si incontreranno lunedì per stabilire «tempi e modi». Il premier già media. Già fa l’artificiere: «Ora è naturale che Renzi e Alfano alzino i toni, ma è interesse di tutti proseguire per tutto il 2014». Un anno per fare le riforme, svolgere il semestre italiano e «agganciare la ripresa economica». «Tutte le cose proposte da Renzi si ritrovano nel programma e quello che ancora non c’è potrà essere inserito, se compatibile con i vincoli di bilancio», dice un altro consigliere di Letta.



NESSUN TABÙ

Stesso discorso vale per la richiesta di Alfano di mettere in agenda la riforma della giustizia: «Non è un tabù, anzi». E se poi Renzi dovesse far cadere il governo, se ne assumerà la responsabilità: «Per noi vale il discorso di sempre, non restiamo a tutti i costi». Letta, però, è convinto che anche il sindaco non abbia interesse ad andare al voto in primavera. «Conviene adesso a Matteo?». Scontata la risposta: «Con Grillo al 25 per cento, sicuramente no. Solo con una nuova legge elettorale si potranno vincere le elezioni». Infine il capitolo rimpasto. Letta è determinato per ora a difendere i suoi ministri. Ed è altrettanto determinato a incassare le dimissioni degli esponenti di Forza Italia rimasti al governo. Ieri a palazzo Chigi è arrivata la lettera d’addio di Micciché «e ci aspettiamo che gli altri sottosegretari assumano decisioni conseguenti. Se ciò non accadesse c’è il ritiro delle deleghe». C’è il licenziamento.
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