Governo Meloni, il Sud diventa centrale: «Colmare il divario sulle infrastrutture»

Governo Meloni, il Sud diventa centrale: «Colmare il divario sulle infrastrutture»
di Nando Santonastaso
Mercoledì 26 Ottobre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 19:03
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Nessun riferimento a Zes e Ponte sullo Stretto, al futuro della Decontribuzione e all’attuazione della delega sulla Coesione assegnata agli Affari europei. Ma di Mezzogiorno parla molto il premier Giorgia Meloni nel discorso per la fiducia alla Camera e rispetto ai suoi predecessori degli ultimi 15 anni è già una novità. Lo fa per accenni, con il taglio politico che le è congeniale, senza entrare nello specifico di contenuti, progetti e proposte ma riaffermando la centralità di quest’area del Paese in maniera piuttosto chiara e autorevole: «Sono convinta che questa svolta che abbiamo in mente sia anche l’occasione migliore per tornare a porre al centro dell’agenda Italia la questione meridionale. Il Sud non più visto come un problema, ma come un’occasione di sviluppo per tutta la Nazione», dice Meloni. 

Ma come? «Lavoreremo sodo per colmare un divario infrastrutturale inaccettabile, eliminare le disparità, creare occupazione, garantire la sicurezza sociale e migliorare la qualità della vita.

Dobbiamo riuscire a porre fine a quella beffa per cui il Sud esporta manodopera, intelligenze e capitali che sono invece fondamentali proprio in quelle regioni dalle quali vanno via. Non è un obiettivo facile, ovviamente, ma il nostro impegno su questo sarà totale». E ancora: «E se le infrastrutture al Sud non sono più rinviabili, anche nel resto d’Italia è necessario realizzarne di nuove, per potenziare i collegamenti di persone e merci, ma anche di dati e comunicazioni. Con l’obiettivo di ricucire non solo il Nord al Sud, ma anche la costa tirrenica, la costa adriatica e le isole al resto della Penisola». 

Non si ha la sensazione di un impegno dovuto e, in fondo, anche scontato ma è evidente che per trasformare certe priorità in fatti e decisioni concrete il percorso non si annuncia agevole. Che si debba passare per il Sud è in ogni caso una certezza per il premier. Come a proposito dell’emergenza energetica, ad esempio: «I nostri mari possiedono giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare appieno e la nostra Nazione, in particolare il Mezzogiorno, è il paradiso delle rinnovabili, con il suo sole, il vento, il calore della terra, le maree, i fiumi. Un patrimonio di energia verde troppo spesso bloccato da burocrazia e veti incomprensibile» dice Meloni, lasciando intendere che è al Sud che l‘Italia può vincere la sfida e ridurre la sua dipendenza dagli approvvigionamenti stranieri.  

Prudente ma anche realista il premier sull’Autonomia rafforzata, uno degli obiettivi del programma elettorale della coalizione di centrodestra. Tema divisivo per definizione, Meloni lo affronta con una linea fin troppo annunciata ma senza esasperarne i contenuti e i tempi, forse anche perché Fratelli d’Italia non è mai stata filo autonomista: «Parallelamente alla riforma presidenziale – spiega -, intendiamo dare seguito al processo virtuoso di autonomia differenziata già avviato da diverse regioni italiane secondo il dettato costituzionale e in attuazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà, in un quadro di coesione nazionale». 

E il Pnrr? Lo strumento che dovrebbe permettere al Mezzogiorno di ridurre il gap dal resto del Paese non può ovviamente mancare nel discorso di Meloni. Ma in questo caso non c’è un riferimento diretto al Mezzogiorno: c’è un giudizio piuttosto critico su come si è proceduto finora («Il rispetto delle scadenze future richiederà ancor più attenzione, considerato che finora si sono per lo più rendicontate opere già avviate in passato, cosa che non si potrà continuare a fare nei prossimi anni»). E la conferma che si concorderanno con la Commissione europea «gli aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa, alla luce soprattutto del rincaro dei prezzi delle materie prime e della crisi energetica, perché queste materie si affrontano con un approccio pragmatico e non con un approccio ideologico». Ma soprattutto Meloni riafferma, come in campagna elettorale, che «il Pnrr non si deve intendere soltanto come un grande piano di spesa pubblica, ma come l’opportunità di compiere una vera svolta culturale: archiviare finalmente la logica dei bonus, per alcuni, utili spesso soprattutto alle campagne elettorali, in favore di investimenti di medio termine destinati al benessere dell’intera comunità nazionale; rimuovere tutti gli ostacoli che frenano la crescita economica e che da troppo tempo ci siamo rassegnati a considerare mali endemici dell’Italia, ma non lo sono».

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E poi l’impegno nella lotta al “cancro mafioso”: «La legalità sarà la stella polare dell’azione di governo. Ho iniziato a fare politica a 15 anni, il giorno dopo la strage di Via D’Amelio, nella quale la mafia uccise Paolo Borsellino, spinta dall’idea che non si potesse rimanere a guardare, che la rabbia e l’indignazione andassero tradotte in impegno civico. Il percorso che mi ha portato oggi a essere Presidente del Consiglio nasce dall’esempio di quell’eroe. Affronteremo il cancro mafioso a testa alta, in prima linea, da questo Governo, criminali e mafiosi non avranno altro che disprezzo e inflessibilità». 

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