Ilaria Salis, Schlein: «Non sarà candidata». No della famiglia: sarebbe un boomerang

Mossa sconsigliata anche dalla Farnesina

Schlein: «La candidatura di Ilaria Salis non è in campo. Ho incontrato il padre per discutere di questa situazione umiliante»
Schlein: «La candidatura di Ilaria Salis non è in campo. Ho incontrato il padre per discutere di questa situazione umiliante»
Mercoledì 3 Aprile 2024, 16:32 - Ultimo agg. 5 Aprile, 09:21
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La suggestione, di candidare per il Pd nell’Europarlamento Ilaria Salis c’è stata eccome. Ma ora è sfumata. Per effetto della moral suasion che da più parti, compresa quelle interne al partito, si è concentrata su Elly Schlein, spingendola a rinunciare alla carta della donna giovane, anti-fascista e vittima dell’autoritarismo di Orban che poteva piacere all’elettorato di sinistra. L’iniziativa era comunque per tanti motivi - compreso quello di «non politicizzare troppo questo caso» perché potrebbe nuocere proprio alla Salis, come va dicendo da giorni il ministro degli Esteri, Antonio Tajani - spericolata e ora muore sul nascere. «No, questa ipotesi non è in campo», ha detto Schlein ieri sera a Bruno Vespa in Cinque minuti. E ancora: «Ho letto elucubrazioni su trattative. Non c’è nessuna trattativa per candidare Ilaria, e ho voluto incontrare suo padre per discutere con lui come possiamo riuscire a togliere una cittadina italiana da questa situazione umiliante» della detenzione dura in Ungheria. Proprio Roberto Salis aveva giudicato avventato e pericoloso per Ilaria l’eventuale ingaggio elettorale: «E poi non viene eletta a Bruxelles, finirà massacrata a Budapest». La segretaria del Pd ieri nel colloquio con Salis senior ha garantito che non farà forzature di tipo elettorale e ha aggiunto: «Mi scuso per il clamore mediatico che si è creato». 

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L’incontro Schlein-Salis è servito a fare il punto sulla «situazione incresciosa» in cui si trova la cittadina italiana detenuta in via cautelare nel penitenziario ungherese dal 23 febbraio 2023.

La candidatura nelle liste Pd è stata esclusa in quanto, come hanno fatto notare alla segretaria diversi esponenti dem, avrebbe portato problemi per tutti e soprattutto per Ilaria. Sia a livello istituzionale che partitico e politico s’è fatto notare al vertice del Nazareno che l’eventuale elezione della donna carcerata a Budapest non avrebbe portato alla sua liberazione automatica. I casi di Enzo Tortora e di Toni Negri sono infatti diversi da questo. Mentre c’è chi ricorda, e lo ha anche detto a Schlein, la vicenda - non incoraggiante - di Oriol Junqueras Vies: l’ex vice-presidente del governo autonomo di Catalogna, arrestato in Spagna dopo il referendum secessionista del 2017 ed eletto in Europa nel 2019. Ma la Cassazione spagnola gli negò il permesso di uscire dal carcere per prendere possesso del seggio. In questi anni Junqueras ha fatto tre ricorsi alla giustizia europea. Ma tutti sono ancora pendenti e il suo seggio è rimasto vacante per tutta la durata della legislatura. Pure uno degli avvocati difensori di Salis, Eugenio Losco, fa notare che, l’eventuale elezione di Ilaria a Strasburgo non basterebbe per scarcerarla, e «ci vorrebbe comunque un provvedimento ungherese». 

Dai familiari di Ilaria ai suoi legali, insomma, è arrivato lo stop. Ma è evidentemente risultato convincente, per spazzare via ogni ipotesi di candidatura, l’atteggiamento del governo, e principalmente di Tajani, nel voler evitare forzature ideologiche che sarebbero potute risultare a Budapest come provocazioni dannose a Salis. «Noi diciamo quello che va detto e facciamo quello che va fatto su questa vicenda» - è la linea del ministro degli Esteri - e questo approccio viene apprezzato in molte parti, le più prudenti e riformiste, del Pd. 

IL RITORNO DEL MARZIANO

A sinistra salta dunque la carta Salis, ma ne arriva un’altra sul tavolo delle Europee. Sia pure non in casa Pd. Si tratta del ritorno del “Marziano” a Roma. Di chi? Di Ignazio Marino, l’ex sindaco che fu soprannominato il “marziano” per la sua scarsa dimestichezza con la politica (faceva e fa il chirurgo a Philadelphia) e per il profilo un po’ grillino. L’alleanza rosso-verde di Fratoianni e Bonelli lo ha ingaggiato in modalità il ritorno del Conte di Montecristo (un ritorno quello Ignazio un po’ rivincita e un po’ vendetta per come è stato maltrattato dal Pd che lo sbolognò dal Campidoglio ricorrendo alle firme dal notaio) e stamane la sua candidatura sarà annunciata in conferenza stampa. La sua e quella di altri due esponenti della società civile: Sergio Ulgiati, presidente del comitato tecnico-scientifico di Europa Verde, e Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini. 
Marino è da tempo che meditava il gran ritorno. Da tempo scrive di questioni europee. E da tempo insiste sul tema della pace (e dell’ambientalismo). Sarà un bel duello, a Roma e nella circoscrizione Centro Italia dove correranno e entrambi, tra Ignazio in rosso-verde e Marco Tarquinio l’ex direttore dell’Avvenire, molto bergogliano e arcobaleno, che guiderà la lista del Pd. Chi dei due attirerà più voti pacifisti, visto che il revival di Ignazio è rivolto a quel segmento elettorale molto ampio? Lo spartito sarà anche quello del ci vuole un chirurgo per curare e rivitalizzare l’europeismo. I dem temono molto questo suo rientro perché c’è una parte del popolo dem che ancora è affezionato al “marziano”. Quanto a lui, non vede l’ora di andare a Bruxelles, sperando allo stesso tempo che Renzi - il suo vecchio nemicissimo, considerato «il mandante» dei suoi «accoltellatori» al Campidoglio nel 2015 e - non raggiunga il quorum con Italia Viva. «Voglio essere utile e mi voglio togliere qualche soddisfazione», dice Marino a chi lo ha sentito in queste ore.

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