Coronavirus, ecco i danni collaterali e permanenti: polmoni, circolazione, tiroide

Coronavirus, ecco i danni collaterali e permanenti: polmoni, circolazione, tiroide
di Ettore Mautone
Martedì 1 Settembre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 2 Settembre, 07:04
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Il Coronavirus crea danni a lungo termine? Quali le conseguenze dell’infezione dopo la guarigione? L’iperinfiammazione, che spesso accompagna le forme più severe dell’infezione, dà luogo a quella che in clinica si chiama “restitutio ad integrum” - ossia la riparazione completa dei tessuti danneggiati - o ci sono esiti permanenti di cui tenere conto anche per l’impatto sulle politiche di programmazione sanitaria? La questione è aperta: la fotografia, scattata a distanza di pochi mesi dalla conclusione della prima e più intensa fase epidemica, fornisce solo un orientamento generale. Come la scienza ci insegna in medicina del resto 2 più 2 non fa mai quattro. La Società italiana di Pneumologia è stata la prima a esprimersi dicendo che dopo essere guariti ci possono essere dei danni, in particolare la fibrosi polmonare, una sorta di cicatrice in cui il tessuto alveolare polmonare è sostituito da una massa inerte non più capace di effettuare scambi di ossigeno con i vasi capillari. «Ma serve del tempo per comprenderne l’entità, la persistenza e le possibilità di recupero attraverso la riabilitazione», afferma Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore. 

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I CASI CLINICI 
Casi clinici che smentiscono un danno permanente non mancano: Luigi D’Angelo, ordinario di Otorino dell’Ateneo Vanvitelli, finito in rianimazione al Policlinico Federico II con una grave polmonite interstiziale, ha perfettamente recuperato la funzione polmonare: «Sono tornato alla situazione iniziale - spiega - ho una saturazione del 99%, forse conta il fatto che non sono mai stato fumatore e sono stato esperto subacqueo». Ripresa completa anche per Ludovico Docimo, ordinario di Chirurgia presso lo stesso Ateneo: «La fase critica in ospedale - ricorda - è durata 4 giorni, non so quale sia stato il farmaco ma ho avuto un veloce recupero. Dopo 15 giorni sono tornato in piena attività senza alcuna conseguenza. I miei polmoni sono tornati indenni». Testimonianze simili arrivano anche da altri clinici campani ammalatisi, anche in forma grave, durante il lockdown. Come Antonio Giordano, medico e manager dell’azienda ospedaliera universitaria Vanvitelli, Antonio Corcione, dirigente apicale di Anestesia e rianimazione dell’azienda dei Colli e molti altri camici bianchi. 
 


AMBULATORIO 
A Napoli, al Cotugno è stato attivato un ambulatorio unico in Campania che, in day hospital, segue chiunque abbia sviluppato l’infezione. La struttura è affidata al coordinamento di Giuseppe Fiorentino, pneumologo, responsabile dell’unità di terapia sub intensiva del padiglione G del Cotugno (dedicato a Sars Cov-2) tra i primi clinici in Italia ad aver intuito che la ventilazione non invasiva consentiva di avere prognosi migliori riservando la Rianimazione (intubati) a pochi selezionati casi. «Abbiamo un day hospital post Covid - spiega - per valutare i danni residui polmonari e respiratori e anche generali. In molti casi persiste l’astenia, il quadro tromboembolico, la fibrosi polmonare. Stiamo collaborando anche col gruppo di Annamaria Colao, ordinario della Federico II - per studiare le alterazioni a carico dell’apparto endocrino». «Personalmente - spiega quest’ultima - sto studiando le conseguenze tiroidee dell’infezione, in particolare l’aumento di tiroiditi, i riflessi metabolici, i danni a carico di fegato e pancreas mentre il collega Rosario Pivonello sta lavorando sulle conseguenze su testicolo, prostata e fertilità maschile. Stiamo anche valutando gli effetti della terapia cortisonica sulla funzione surrenalica. Il protocollo è stato approvato a metà agosto quindi siamo agli inizi». Aspetti posti sotto la lente anche dall’Oms: «La stragrande maggioranza delle persone infette - evidenzia il portavoce Oms Tarik Jašarevic - guarisce senza problemi. Gli individui che hanno avuto una forma grave possono essere colpiti più a lungo termine. Attraverso la nostra rete globale stiamo seguendo questi pazienti nel tempo». «Al momento non lo sappiamo se il Covid 19 possa lasciare segni a lungo termine - dice Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma - è troppo presto per dirlo. Chi ha avuto forme gravi necessita sempre di tempi lunghi». Intanto molti reparti di malattie infettive italiani hanno un programma di valutazione a lungo termine. «Ci sono prove scientifiche - conclude Massimo Ciccozzi, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma - che evidenziano che il coronavirus può portare a danni permanenti e non, a diversi organi, tra cui nel 30% dei soggetti con malattia grave, a livello polmonare.
Questo virus non provoca una sola malattia ma colpisce anche cervello, vasi sanguigni, reni, intestino e cuore».

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