La variante Delta (ex indiana) fa paura. E non solo al di là del canale della Manica dove il premier Boris Johnson ha già annunciato lo slittamento delle riaperture, ma anche qui, nella Penisola. Gli 81 casi di virus mutato segnalati ieri dai laboratori della Lombardia sono un campanello d’allarme.
Così come lo sono i 25 segnalati in Puglia o i 12 isolati in Sardegna nei giorni scorsi. Eppure stando all’ultimo monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità (Iss), le varianti B.1.167.1/2 attestano la loro presenza nella Penisola solo all’1%. Un dato, rimarcato anche dal presidente dell’Iss e portavoce del Comitato tecnico scientifico (Cts) Silvio Brusaferro, che da più parti è stato usato per tranquillizzare sull’impatto che la mutazione ha sulla Penisola.
Le cose però potrebbero non stare proprio così.
Lo standard peraltro non è rispettato da molti stati Ue, incluse Germania (nel 2021 ferma al 3,4%) e Francia (0,7%). Al contrario, nel Regno Unito, nello stesso periodo è stato esaminato circa il 10% dei tamponi totali. Non c’è quindi da stupirsi se le nuove varianti vengono individuate prima. Semplicemente le cercano davvero. Come? Grazie ad un consorzio (Cog-Ug) finanziato da un ente benefico (Wellcome Trust) e capace di mettere in rete università, laboratori e centri di ricerca. Vale a dire lo stesso identico progetto che in Italia proviamo a realizzare invano da mesi. Il Consorzio Italiano per la genotipizzazione e fenotipizzazione di Sars-CoV-2 e per il monitoraggio della risposta immunitaria alla vaccinazione è stato istituito (e già finanziato) a gennaio scosso dal ministero della Salute e dall’Agenzia italiana del farmaco ma ancora non ha visto la luce.
Tuttavia la situazione, come dimostrano i pochi casi sequenziati, è ancora al palo e questo ci espone ad un rischio maggiore di trovarci impreparati davanti alle nuove varianti. Ammesso che questo non sia già accaduto con la delta.
Eppure la rete Elixir non è mai stata incaricata. Tant’è che oggi il sequenziamento è attribuito agli Istituti Zooprofilattici e i laboratori di microbiologia degli ospedali Covid. «Strutture che fanno resistenza ma che, a differenza nostra - aggiunge il genetista - non hanno oppure hanno appena maturato le necessarie competenze di genomica». Per fortuna, in ritardo, qualcosa si sta muovendo. «Sono in corso dei contatti con l’Iss» spiega, ma ci sono due problemi: «il primo è che Salute e Ricerca in Italia sono entità distinte che si pestano i piedi» e, il secondo, è che la sanità è regionale e non risponde sempre alle stesse regole. «Gli 81 casi di variante delta riscontrati in Lombardia ad esempio - conclude Pesole - sono stati comunicati ai giornali ma non alla comunità scientifica. Nei database internazionali sono solo 7. Ma in questa battaglia senza condivisione dei dati e sequenziamento siamo più indifesi».