La prima volta della Calzone:
«Sul set con Lello Arena,
io nel panico e lui a ridere»

La prima volta della Calzone: «Sul set con Lello Arena, io nel panico e lui a ridere»
di Maria Chiara Aulisio
Domenica 20 Ottobre 2019, 09:00 - Ultimo agg. 31 Ottobre, 17:29
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La prima volta che Maria Pia Calzone ebbe il coraggio di ammettere che il suo sogno era quello di fare l'attrice fu quando vide una locandina che pubblicizzava un seminario di recitazione. Aveva diciassette anni, frequentava il liceo Cuoco e era appena uscita da scuola in compagnia di un amico, quando lo sguardo finì su quel cartoncino bianco e nero attaccato con lo scotch a un palo della luce. Dopo una settimana era già iscritta, pronta a partecipare a quel corso, calata in un mondo dove riusciva finalmente a sentirsi a proprio agio.

Quindi, lezioni da attrice.
«Non mi sembrava vero: confrontarmi con persone che condividevano la mia stessa passione, parlare di cinema e teatro, immaginare ruoli e spettacoli. Sono figlia di un operaio, abitavo a Casalnuovo, l'attrice per la mia famiglia non era neppure un mestiere. E poi c'era Lello».

Lello?
«Il seminario era organizzato da lui: Lello Arena - giovanissimo e pieno di voglia di fare. Stabilimmo subito un buon feeling. Fu lui a mandarmi sul set per la prima volta. Chi se lo scorda, fu un incubo».

Racconti.
«Il film si chiamava Chiari di luna, Arena debuttava da regista, e a me diede una piccola parte - talmente piccola che non ritenne necessario spiegarmi più di tanto. Per farvela breve, ci ritrovammo a girare in una cava di tufo, a Posillipo, e quando arrivò il mio turno, non sapevo assolutamente cosa fare. Mi prese il panico, guardavo Lello con occhi imploranti, mentre lui se la rideva alla grande sotto la barba». 

Davvero un incubo.
«Mi buttarono letteralmente sul set. Alla fine me la cavai, ma era stato panico puro. In quell'occasione, conobbi Tosca D'Aquino, bella e giovane, mi venne incontro sorridendo: Ciao, sono Tosca, tu come ti chiami?. Quell'incontro, ricordo, riuscì a tranquillizzarmi un po'».

La prima volta di Gomorra, invece?
«Il provino. Manco volevo farlo».

Perché?
«Ero sicura che non mi avrebbero preso. Mi sentivo inadeguata, dicevo tra me e me Non lo fare, questo provino, se ti scartano poi ci resti male» .

Invece andò bene, con donna Imma.
«Convinta di non farcela, lo affrontai con irresponsabile scioltezza. Nel corso della chiacchierata, un paio di volte, con grande faccia tosta, contestai pure il regista. Parlavo a ruota libera e, mentre parlavo, pensavo Oddio, che sto dicendo? Devo essere impazzita. Se pure tenevo una possibilità, me la so' giocata. E invece, accadde esattamente il contrario. Le mie contestazioni colpirono Stefano Sollima, che probabilmente intravide in me il piglio di donna Imma - e la parte fu mia». 

Una bella emozione?
«Ero in autobus, mi telefonò Laura Muccino, responsabile del casting: Ti hanno presoooooooo!. Io però non potevo esultare, c'era troppa gente intorno a me, riuscii a dire solo Bello, mi fa piacere. Ero contenta, anche se ormai avevo imparato sulla mia pelle che il lavoro è tuo quando si comincia a girare».

Brutte esperienze?
«È successo più di una volta di vedermi portare via la parte sotto il naso. Sembrava tutto fatto e invece, all'ultimo momento, dovevo lasciare il posto a un'altra. Una procedura che, ahimè, avevo imparato molto presto».

Presto quando?
«Ero una bambina, frequentavo le elementari in un istituto di Casalnuovo. Ricordo ancora la maestra, si chiamava Annamaria Padulano, grande appassionata di teatro, ci faceva cantare, ballare, recitare. A me sembrava un sogno. Ogni anno, a Natale, si organizzava uno spettacolo».

Lei in prima linea.
«Ero brava. La maestra mi faceva interpretare sempre la parte della Madonna, la protagonista. Un anno quel ruolo mi fu tolto, mi dissero che la Madonna l'avrebbe fatta Margherita».

Chi era Margherita?
«Una mia compagna di classe. La ricordo come fosse ieri: molto carina, capelli rossi e occhi chiari. Sua madre aveva protestato con l'insegnante, non le sembrava giusto che la Madonna la facessi sempre io e poco importava che fossi la più brava, la parte quell'anno spettava a sua figlia. E così fu».

Dal palcoscenico della scuola al red carpet, però. 
«Sempre grazie a Gomorra. La prima volta fu da ridere. Non avevo un ufficio stampa, il consulente di immagine nemmeno sapevo cosa fosse, idem per stilista e truccatore: insomma, non avevo idea di niente».

E l'abito?
«Ecco, primo problema. Pensai: E mò che mi metto?. Mi venne in mente solo una cosa».

Quale?
«Andare a fare shopping. Così, entrai in un negozio e acquistai il vestito più bello che c'era. Lo pagai 1.500 euro, fu una pazzia, ma l'occasione era quella giusta e tirai fuori la carta di credito. Fu una serata straordinaria, nel corso della quale, per la prima volta, scoprii anche l'affetto del pubblico. Si avvicinarono due ragazze, bocca aperta e occhi sgranati: Ma tu sei donna Imma?, e giù un fiume di lacrime manco avessero visto la Madonna». 
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