Vico del Sol et de la Luna: filosofi, maghi e dee tra le ombre di Caponapoli

Una strada spalancata sull'abisso della Storia

Caponapoli
Caponapoli
di Vittorio Del Tufo
Domenica 17 Settembre 2023, 11:02
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«Coppola pe cappiello e casa a sant'Aniello» (antico detto napoletano)

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Il grande Bartolommeo Capasso, cantore della Napoli greco-romana, riteneva che la tomba di Partenope fosse celata sotto la chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli. Un pizzico di giallo, tra archeologia e leggenda, che rende ancora più affascinanti gli itinerari che si snodano attorno alla "collina sacra" della città. Sulla sommità di via del Sole, dove un tempo sorgeva l'antico Tempio della Fortuna, nell'area oggi occupata dai plessi ospedalieri del vecchio Policlinico, si concentra una tale quantità di simboli, riti e richiami misterici da conferire un'impronta epica al piccolo promontorio che domina il tracciato della Napoli antica. Come il Vicolo d'Oro di Praga, Sant'Aniello a Caponapoli è la porta d'accesso a una città leggendaria, un tempo popolata di alchimisti, eruditi e filosofi-maghi: qui si stabilirono Pitagorici e neoplatonici, qui si celebravano gli oscuri culti dedicati a Demetra, sorella di Zeus, divinità legata agli inferi insieme a sua foglia Kore. Caponapoli è un mondo affollato di fantasmi, le cui tracce, oggi purtroppo oscurate dai moderni edifici della cittadella universitaria, riportano a un mondo lontano, perduto per sempre. Ma Caponapoli non smette di regalare emozioni a quanti si ostinano a cercare, oltre le pietre, i luoghi della memoria e la memoria dei luoghi.

Se del sepolcro, vero o presunto, dedicato a Partenope non è rimasta traccia, restano invece le impronte di un passato altrettanto mitico. L'antica via Sacra, che a partire dall'area dell'attuale Policlinico s'inerpicava sull'Acropoli (
vico del sol et della luna) è il luogo dove ebbero sede i principali cenacoli filosofici e poetici e le più importanti Accademie dell'epoca barocca; il luogo, cioè, dove le nuove istanze scientifico-letterarie del Seicento si fusero con le conoscenze magico-ermetiche ed alchimistiche del secolo successivo.

Qui il filosofo alchimista Giovan Battista Della Porta e il principe Raimondo di Sangro, in epoche diverse, andarono alla scoperta dei misteri della natura e dei segreti dell'invisibile. Incontri, raduni, sperimentazioni e spericolati salotti, che apriranno poi la strada a nuovi fermenti politici e filosofici, mentre sull'onda della Rivoluzione Francese i sogni di libertà, giustizia e fratellanza si materializzeranno nella breve esperienza della Rivoluzione napoletana del 1799. «I giovani medici del grande ospedale degli Incurabili formavano il "Battaglione sacro" della nostra Repubblica», scriveva Vincenzo Cuoco nel suo saggio storico sulla Rivoluzione napoletana del 1799.

Ma bisogna viaggiare nel tempo, e portare la navicella a molti secoli prima, per celebrare altri eroi e altre eroine della collina sacra. Sarebbero legate al culto di Demetra le teste femminili ritrovate nei primi anni 30 del 900 all'interno di alcune stipi votive nell'area del convento di San Gaudioso. Ma l'intera zona è ricca di reperti archeologici ai quali solo oggi è stata ridata valenza culturale. Fino al Medioevo erano visibili i resti di numerosi templi: quello di Hëlios, il dio Sole della religione greca, quelli di Demeter, di Apollo e di Diana (quest'ultimo identificato con l'attuale chiesa di Santa Maria della Pietrasanta). Qui si svolgevano i principali riti religiosi, si veneravano le divinità della città, si svolgevano i sacrifici e le processioni che si inerpicavano sulla via "sacra" probabilmente corrispondente all'attuale via del Sole, oggi delimitata dalla caserma dei Vigili del Fuoco e dalla sede del vecchio Policlinico.

Molte erano le sacerdotesse di Demetra a Neapolis. Alcune epigrafi conservate al Museo Archeologico Nazionale ne ricordano i nomi: Terenzia Paramone, Kominia Plutogenia, Sabina sacerdotessa e Tettia Casta. Quest'ultima era la più famosa: dedicò tutta la sua vita al culto di Demetra e raggiunse un tale livello di influenza che alla sua morte l'assemblea cittadina decise di dedicarle una statua, una corona d'oro e uno scudo con il suo volto.
Ma chi era Demetra? Sorella di Zeus, dea del grano e dell'agricoltura, nella mitologia greca è l'artefice del ciclo delle stagioni, mentre in quella romana la sua figura corrisponde a quella di Cerere. In suo onore, nella città greca di Eleusi, si svolgevano i riti religiosi segreti più famosi dell'antica Grecia. I misteri eleusini rappresentavano il mito del rapimento della figlia di Demetra, Persefone, da parte del re degli abissi e degli inferi, Ade. Storia terribile e maledetta, perché dopo aver rapito Persefone, Ade la portò con sé nel suo regno dell'Oltretomba. Così la povera Persefone, nel pantheon greco, diventò la dea del mondo sotterraneo e Demetra cominciò a dannarsi nel tentativo di ritrovare la figlia perduta.

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È opinione diffusa che proprio dall'antica Acropoli provenisse una vecchia conoscenza dei napoletani, la testa di donna in marmo detta «Marianna a capa e Napule», ritrovata nel Seicento nella zona di piazza Mercato e custodita oggi all'interno di Palazzo San Giacomo, sede del Comune. Probabilmente è ciò che resta di un antico e misterioso tempio di origine greca dedicato alla Sirena Partenope, madre di Napoli e scrigno della nostra memoria. Statua dalla storia assai tormentata, quella di Marianna: prima di trovare l'attuale sistemazione a Palazzo San Giacomo, si trovava abbandonata in un cantone di Piazza Mercato. E durante la rivolta di Masaniello, nel luglio 1647, le venne rotto il naso! La Capa di Napoli rappresenterebbe una divinità pagana (Afrodite, Venere, o la stessa Partenope) e fu soprannominata «Donna Marianna» durante la breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799, probabilmente in onore della Marianna Francese, simbolo della rivoluzione.

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Sono trascorsi 495 anni dalla celebre processione che portò i pazienti dell'ospedale di San Nicola, presso il molo, a «occupare» la salubre (allora) collina di Caponapoli. A guidare quella processione, il 23 marzo 1522, fu un nobildonna catalana che spese l'intera sua vita (e tutti i suoi averi) nell'assistenza ai malati, fino a diventare santa: Maria Longo. Fu posata quel giorno la prima pietra di una straordinaria avventura: quella dell'ospedale degli Incurabili. Qui furono gettate le fondamenta della scuola medica napoletana: un orgoglio della città.

Nel 1833 via del Sole ospitò la prima caserma dei pompieri dell'Italia preunitaria: fu istituita da Napoleone nel 1806. Alla fine del ripido pendio sorge la chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli, maestosa ed austera, legata al ricordo di Sant'Agnello che fu vescovo di Napoli nel VI secolo e difese la città dall'assedio dei Longobardi. Narra la leggenda che furono i genitori del santo a far edificare in quel luogo una chiesetta, dedicata a santa Maria Intercede e costruita come voto di ringraziamento alla Vergine per aver concesso loro la grazia della nascita di un erede. La chiesa, al di là del valore storico e architettonico, è un valido punto di osservazione per ammirare la stratificazione urbana e le vestigia risalenti alla Neapolis greca. Sotto la navata, grazie a un suggestivo pavimento di vetro, sono tutt'oggi visibili i resti delle mura greche e delle fortificazioni di epoca romana. Così, oggi come ieri, l'Acropoli della città è spalancata sull'abisso della Storia.

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