Napoli, il diavolo dei Girolamini e lo strano caso di Carlo Maria Vulcano

Le orrende visioni di un novizio nella Napoli dei Seicento

La facciata dei Girolamini
La facciata dei Girolamini
di Vittorio Del Tufo
Domenica 12 Novembre 2023, 10:26
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«Le ombre si distanziavano gradualmente dagli alberi, dalle statue, dalle persone. Si stiracchiavano. Battevano in ritirata. La luce era in vantaggio» (Louise Penny, I diavoli sono qui)

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Napoli, 1696. Tra i primi ad accorgersi che qualcosa di terribile, di irreale, stava accadendo nel convento dei Girolamini fu padre Niccolò Squillante, Maestro dei novizi, uomo mite e prudente. Fu lui ad accorrere dopo essere stato svegliato dalle urla disperate di uno dei suoi novizi, l'oratoriano Carlo Maria Vulcano, un giovane rampollo della nobiltà sorrentina che era entrato nel convento nella primavera del 1696. Il giovane, la notte del 4 maggio, era stato svegliato bruscamente, a sua volta, da un grande fracasso, al quale aveva fatto seguito l'apparizione di «certe ombre orrende».
«Che succede, figliolo? - domandò il Maestro - cosa sta turbando il tuo sonno?».

Confusamente, incespicando nelle parole, Carlo gli parlò di «una sagoma indistinta e irreale» che aveva preso a fissarlo, nel buio della notte, con «occhi ipnotici e ardenti», mentre tutt'intorno cominciavano a vorticare, per la stanza, altre figure spaventose, strani esseri umanoidi e ghignanti che sbattevano le loro viscide ali contro le pareti della cella.
«È chiaramente un incubo, torna a dormire», provò a rassicurarlo padre Niccolò. Ma il novizio Carlo non riuscì più a riposare, né quella notte né in quelle a seguire. I rumori si fecero più insistenti e con i rumori le apparizioni, accompagnate dal lancio di pietre, dai colpi alle porte e dalla comparsa di misteriose scritte sui muri.

Era l'inizio di un incubo che sarebbe durato mesi, sconvolgendo la vita della cittadella monastica e attirando l'interesse dei più famosi esorcisti dell'epoca, a cominciare dall'arcivescovo di Benevento Pietro Francesco Orsini, futuro Papa Benedetto XIII.

Due secoli dopo, lo strano caso di Carlo Maria Vulcano e del «diavolo dei Girolamini» fini al centro di un oscuro libello settecentesco, intitolato Caso successo nella Casa dei P.P Girolamini in Napoli à IV del mese di Maggio 1696.

Ancora oggi, gli strani incidenti che coinvolsero - e sconvolsero - gli abitanti del convento fanno parte della memoria collettiva di via Tribunali. Per gli appassionati di esoterismo, si tratterebbe del primo caso documentato di poltergeist in Europa. Per gli scettici, ci troveremmo invece di fronte a un episodio di suggestione o di allucinazione collettiva. Un mistero in più, in ogni caso, nascosto tra le pieghe della città segreta, magica e inaccessibile. Perché a Napoli, rebus di luce e tenebre, ogni pietra è uno scrigno di antiche memorie. E ogni vicolo, ogni statua, ogni palazzo racconta, a chi vuole ascoltarle, storie immortali.

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I primi religiosi seguaci di San Filippo Neri si insediarono a Napoli nel 1586. Erano conosciuti anche come Girolamini, o Gerolomini, perché presso la chiesa di San Girolamo della Carità, a Roma, era stato fondato il loro primo Oratorio. Così gli Oratoriani - o Girolamini, appunto - ebbero come primo problema quello di cercar casa a Napoli. Di fronte al Duomo sorgeva a quell'epoca un edificio nobiliare in perfetto stile rinascimentale, Palazzo Seripando. Grazie alle donazioni della Curia e della nobiltà napoletana, che evidentemente aveva molti peccati da farsi perdonare, i Girolamini poterono rilevare la dimora e costruire la loro prima chiesa, di dimensioni molto ridotte rispetto all'attuale, con annesso convento. In effetti fu un'operazione immobiliare, prima anche che spirituale, che concesse ai seguaci di San Filippo Neri anche la possibilità realizzare un piccolo chiostro, tuttora conosciuto come "chiostro piccolo" dei Girolamini. Negli anni successivi furono inglobate altre residenze, come quella dell'abate di San Paolo Maggiore, e altri giardini, come quello, celebre, di Camillo Scorziati. Insomma allarga oggi, espandi domani, alla fine i tenaci Girolamini fagocitarono tutti gli edifici circostanti, stravolgendo il preesistente tessuto urbanistico del quartiere, sotto lo sguardo misericordioso dell'arcivescovo di Napoli Annibale di Capua e quello un po' meno misericordioso dei viceré spagnoli che governavano Napoli. Nasceva così, su via dei Tribunali, la spianata dei Girolamini, ovvero lo slargo che tutti conosciamo, e prendeva forma la nuova chiesa, costruita nel 1592 su progetto dell'architetto fiorentino Giovanni Antonio Dosio: scrigno di capolavori, a partire dalla Cacciata dei mercanti dal tempio, il celebre affresco realizzato da Luca Giordano per la controfacciata, nel 1680. Portano invece la firma di Ferdinando Fuga i lavori di rifacimento della facciata esterna, racchiusa tra due campanili ed eseguita nel 1782 in sostituzione di quella vecchia.

Nei due secoli successivi alla fondazione, la cittadella andò arricchendosi di capolavori d'arte e volumi preziosi, come quelli della celebre collezione privata di Giuseppe Valletta: un'acquisizione che i padri oratoriani portarono a termine su consiglio di Giambattista Vico. Proprio al filosofo napoletano, che donò le prime edizioni di tutte le sue opere al convento, è dedicata una sala del complesso bibliotecario: la sala Giambattista Vico. Famoso per la sua Quadreria - la storica collezione di opere nata nella prima metà del Seicento grazie a una donazione di Domenico Lercaro, un facoltoso sarto e commerciante di tessuti - il complesso monumentale dei Girolamini lo è altrettanto per i suoi chiostri. Quello piccolo, a pianta quadrata, venne realizzato nell'area occupata dal vecchio palazzo Seripando. Quello più grande, detto degli Aranci per le coltivazioni di agrumi, custodice la celebre oasi verde del complesso dei Girolamini. Le grandi finestre in corrispondenza delle arcate che circondano il chiostro illuminano l'antico corridoio dei monaci.

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Anche Carlo Maria Vulcano, il protagonista di questa storia, doveva diventare monaco, e secondo la leggenda sarebbe stato Satana in persona ad impedirglielo. Abbiamo lasciato l'aspirante novizio in un bagno di sudore, terrorizzato e febbricitante, la notte del 4 maggio 1696. Padre Squillante, il suo maestro, lo aveva convinto a dimenticare le «orrende visioni» di quella notte e a rimettersi a letto. Ma la notte seguente, e quelle successive, le ombre non si dileguarono e gli «agghiaccianti rumori» non terminarono; l'intero convento divenne teatro di apparizioni, urla e fenomeni misteriosi: colpi alle porte, lancio di pietre, rotture di mobili, furti di oggetti. La pace che un tempo regnava in quel luogo era solo un lontano ricordo; non valsero a niente né le preghiere né i rituali esorcistici che furono messi in campo per allontanare il demonio. Alla fine, i religiosi scelsero di allontanare il povero Carlo Maria.

Ma al giovane non bastò viaggiare fino a Capri e Sorrento per «liberarsi dell'importuno compagno di viaggio», riferisce l'anonimo cronista del 700. Anche in Costiera e sull'isola azzurra si ripeterono gli inspiegabili episodi. Incendi, piatti ridotti in cocci, furti di oggetti sacri Un tale inferno che al giovane nobile, perseguitato dal demonio, non restò altro da fare che gettare alle ortiche l'abito e abbandonare il noviziato. Da quel momento, per incanto, l'ospite malefico si dileguò, e i frati dei Girolamini poterono continuare a vivere indisturbati nei loro chiostri e nel paradiso in terra che si erano costruiti.
 

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