Suor Orsola, che magia: la cittadella del sapere svela il cuore segreto

Suor Orsola, che magia: la cittadella del sapere svela il cuore segreto
di Vittorio Del Tufo
Domenica 6 Febbraio 2022, 11:05 - Ultimo agg. 7 Febbraio, 12:13
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J'en garde le souvenir d'un nid de fleurs et d'oiseaux sur une falaise lumineuse consacrée au savoir» (André Chastel)


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André Chastel, storico dell'arte e grande studioso del Rinascimento italiano, definì la Cittadella del Suor Orsola Benincasa, arroccata sul fianco della collina di Sant'Elmo, «una scogliera luminosa dedita al sapere». Un misterioso e labirintico convento, circondato da altissime mura, oggi votato agli studi. Ma il prestigioso ateneo, con le sue chiese, il suo giardino dei cinque continenti e i suoi tesori d'arte, non è solo un luogo di istruzione e di formazione: è anche un teatro della memoria, dove si fondono secoli di storia in un dialogo ininterrotto con il passato. Una sorta di cartografia vivente, per dirla con l'antropologo Marino Niola, percorsa da «attraversamenti, diramazioni, connessioni, snodi di tempo, tracce».

Oggetti di inestimabile valore sono custoditi tra le pieghe segrete della cittadella monastica, uno dei monumenti più grandi della città e ancora oggi conosciuto più per le glorie universitarie che per i suoi luoghi magici.

E invece la falaise lumineuse è uno scrigno di piccole e grandi gemme disseminate lungo il percorso che si sviluppa all'interno della possente cinta muraria, tra camminamenti, chiostri, giardini, refettori, ambulacri misteriosi e corridoi a perdita d'occhio e due chiese seicentesche.

Dagli arredi della cittadella monastica, fondata alla fine del Cinquecento da Suor Orsola Benincasa, e in parte dal lascito della governatrice Adelaide del Balzo Pignatelli, principessa di Strongoli, provengono gli oggetti in mostra nel Museo storico dell'Istituto: dalla grande tela La salita al Calvario attribuita a Jusepe de Ribeira alla maestosa tavola cinquecentesca dell'Immacolata Concezione, dal Cristo deposto di Giacomo Colombo, statua lignea a grandezza naturale del 1698, fino ai gioielli e ai ritratti della principessa di Strongoli, animatrice della trasformazione del monastero in un moderno istituto laico di cultura alla fine dell'800. Le firme di Michelangelo, Canova, Goethe, Manzoni sono conservate nel prezioso volume che raccoglie la Collezione di Autografi. Di Michelangelo Buonarroti è custodito anche un Bozzetto realizzato per il marmo di uno dei suoi cantieri. «Ecco il nostro Uovo di Virgilio», scherza il rettore, Lucio D'Alessandro, accompagnando me e Sergio nella splendida Sala degli Angeli, l'antica chiesa del monastero di clausura, oggi adibita a sala per le conferenze, finita di costruire nel 1668. Sulle pareti i dipinti di Andrea Malinconico raffiguranti San Giuseppe e il bambino Gesù e La Trinità con san Filippo Neri, Sant'Anna, san Gioacchino e la Vergine bambina di Santillo Sannino, l'Angelo custode firmato da Salvatore Mollo, e l'Immacolata di Andrea Vaccaro.

Il coro, affacciato sulla chiesa dalla quale era un tempo separato da una pesante grata lignea, conserva un semplice arredo ligneo che poggia su di un bellissimo pavimento maiolicato realizzato da Ignazio Chianese nel 1764. Sul lato destro si accede alla piccola, straordinaria Cappella del Crocifisso, interamente affrescata alla fine del Seicento da Nicola Russo, allievo di Luca Giordano. È uno dei luoghi più segreti e magici della cittadella.

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Qua e là antiche scale, murate o nascoste alla vista, conducono alla sommità dell'antico eremo: erano il cammino di espiazione dei fedeli che si recavano in visita alla santa di popolo. Questo luogo così denso di storia - luogo che ha vissuto tante vite, intrecciandosi con le figure più prestigiose della cultura italiana ed europea - nasce da un'ossessione. L'ossessione della mistica napoletana Orsola Benincasa, vissuta nella Napoli del 500 - il secolo della Controriforma, di Giordano Bruno e Tommaso Campanella - di fondare sulla montagna di Santo Martino, ossia sul punto più alto della città, una comunità devota che nel raccoglimento e nella preghiera preparasse la riforma della Chiesa. 

Per raggiungere il suo obiettivo Orsola rischiò di finire al rogo. «Alla montagna! Alla montagna!», ripeteva in continuazione evocando il luogo che aveva frequentato da bambina, al seguito del padre, originario di Cetara, impegnato nei lavori di ampliamento della città voluti dagli spagnoli. Si narra che i genitori, per proteggerla dalle incursioni dei saraceni, avessero preso l'abitudine di chiuderla in una botte. La religiosa, fondatrice della cittadella monastica che oggi porta il suo nome, dovette difendersi per tutta la vita dall'accusa di essere una matta, una truffatrice o, peggio, un'indemoniata. Fin da ragazza, alla folla che si accalcava davanti alla casa di via Toledo per assistere alle sue estasi, reclamare guarigioni o riceverne le benedizioni, Orsola regalava spesso lunghi silenzi, intervallati da veri e propri attacchi epilettici.

Anni dopo, Orsola Benincasa riuscì finalmente a farsi ricevere dal Pontefice, per metterlo in guardia dai «gravi pericoli» che correva la Chiesa e l'intero mondo cristiano. E il Papa, Gregorio VIII, fu preso dai dubbi: quel caso andava trattato con la massima attenzione. Così nominò una commissione di esperti per verificare che la donna non fosse preda degli spiriti malvagi. Fu affidata a Filippo Neri, fondatore degli oratoriani, il più temuto degli esorcisti. Per tre mesi Orsola fu esaminata, interrogata, tenuta lontana dall'eucarestia e sottoposta ad autentiche torture fisiche e morali dalla commissione incaricata di verificare se le sue visioni fossero autentiche e non piuttosto il frutto di un inganno diabolico. Ma Orsola tenne duro e coronò finalmente il sogno di una vita: tornare alla sua montagna, luogo dell'anima, oltre che fisico, dal quale gli oratoriani avrebbero potuto continuare a controllare gli effetti del suo straordinario carisma.

Così, quando gli oratoriani vendettero quel terreno per finanziare la costruzione dei Girolamini, Orsola riuscì a procurarsi, grazie a una nobildonna devota, i fondi per acquistare il terreno. Aveva coronato il sogno di una vita: la cittadella delle sue visioni d'infanzia finalmente cominciava a prendere forma. Attorno alla mistica si sviluppò una comunità di oblate e un monastero di clausura voluto dai chierici teatini. La cittadella arroccata al monte di santo Martino crebbe, crebbe, crebbe, fino a trasformarsi in una comunità religiosa.

Nella cripta della Chiesa dell'Immacolata è tuttora collocata, a vista, la cassa di legno originale nella quale è conservato il corpo della mistica. L'ambiente si trova a cavallo tra la chiesa e la stanza di Orsola affacciata sull'altare maggiore. È rimasta intatta anche la cella dove la religiosa è riprodotta a grandezza naturale, con i suoi abiti originali, sulla sedia a rotelle che veniva accostata alla grata per consentire ai fedeli di vedere la santa, ormai stanca e malata, e chiederle protezione: per loro stessi e per la città intera. Una bambola di stoppa e cartapesta - piuttosto inquietante a dire la verità - a ricordo di una straordinaria storia di devozione popolare.

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Da Orsola in poi, cinque secoli di storia e cultura: un percorso costellato di grandi figure femminili. Nel 1891 sbarcò nella cittadella, come ispettrice, Adelaide del Balzo Pignatelli, principessa di Strongoli, che era stata la dama di corte della regina Margherita. Donna coltissima, filantropa appassionata di musica, arte e letteratura, in soli dieci anni la Pignatelli seppe trasformare questo piccolo educandato - dove era arrivata come visitatrice - in un istituto all'avanguardia, con un complesso progetto educativo che aveva lo scopo di fare evolvere l'educazione femminile in modo moderno, seguendo le allieve dall'infanzia alla formazione superiore.

Accanto alla principessa lavorò una grande pedagogista, Maria Antonietta Pagliara, che si dedicò con passione al suo ruolo di direttrice arrivando a donare all'Istituto, nel 1947, la raffinata collezione di quadri, stampe e altri oggetti d'arte del fratello Rocco. Alla fine della guerra entrò nel consiglio di amministrazione il personaggio più illustre della cultura italiana: Benedetto Croce. Da allora la governance dell'ateneo è rimasta fortemente legata alla tradizione culturale della famiglia Croce, con la figlia Silvia e oggi con lo storico Piero Craveri, presidenti dell'ente morale Suor Orsola Benincasa. Un dialogo ininterrotto tra arte, storia e cultura, sulla scogliera luminosa nata dal sogno di una mistica che nella Napoli della Controriforma rischiò di finire bruciata viva per eresia.

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