Omicidio Vassallo, le mani di Cagnazzo
sui distributori sequestrati ai Casalesi

Omicidio Vassallo, le mani di Cagnazzo sui distributori sequestrati ai Casalesi
di Petronilla Carillo
Domenica 31 Luglio 2022, 12:00
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Nelle osservazioni che la procura della Repubblica di Salerno scrive nel decreto di perquisizione emesso giovedì a carico dei nove indagati per l'omicidio di Angelo Vassallo, si delinea il quadro probatorio dell'inchiesta. Anzi, dell'inchiesta bis, quella ripartita nel 2018. E, tra le righe delle stesse osservazioni si definiscono anche le contestazioni a carico di ciascuno degli indagati: omicidio per Fabio Cagnazzo, Luigi Molaro, Lazzaro Cioffi, Giuseppe Cipriano e per i due Ridosso (Romolo e Salvatore), associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga per i fratelli Palladino (Domenico, Giovanni e Federico). Ai tre carabinieri contestata anche l'accusa di depistaggio. Nel 2018 si ripartì dallo spaccio di droga perché, carte alla mano, si era già capito dei tentativi di depistaggio da parte di Cagnazzo e dei suoi fedelissimi tant'è che la prima inchiesta si concluse quando fu decretata l'archiviazione della posizione del giovane Bruno Humberto Damiani, per otto anni l'unico indagato per l'assassinio del sindaco pescatore. Già in quel periodo, comunque, grazie ai ripetuti interrogatori fatti a Damiani uscirono fuori le prime indiscrezioni su alcuni albergatori, su alcuni affari lungo l'asse Cilento-Napoli (non solo nel settore delle sostanze stupefacenti) sul coinvolgimento di alcuni militari dell'Arma dei carabinieri. Quello che al momento non trova conferma è se queste informazioni siano state date in parte proprio dal giovane «'o brasiliano», cresciuto negli ambienti dello spaccio e conoscitore della realtà di Acciaroli. Fatto è che, sicuramente, il filone sull'omicidio Vassallo si è intrecciato con quello relativo al narcotraffico nel napoletano. E, probabilmente, anche con le confessioni del collaboratore di giustizia Romolo Ridosso, sentito sul caso Acciaroli, ma il cui verbale è stato secretato. Ridosso, come gli altri, si proclama comunque innocente.

Per il momento si è soltanto nel campo delle ipotesi. Quelle che vengono «delineate» nelle osservazioni della procura la quale sottolinea che «per garantire la proficua prosecuzione delle investigazioni, l'Ufficio si riserva la completa ed esaustiva discovery degli elementi di prova acquisiti». In parole semplici: gli elementi ci sono ma restano riservati. Il quadro che emerge dal decreto di perquisizione è ben chiaro anche se non vengono ufficialmente attribuite responsabilità. Spunta nella carte il nome di Raffaele Maurelli, un narcotrafficante napoletano che in passato era stato arrestato per aver importato dal sud America, con una barca da diporto, 680 chili di cocaina.

Il nome di Maurelli spunta nell'inchiesta Vassallo ma la posizione è stata archiviata con la sua morte. Anche se, si legge nelle carte, «la responsabilità dell'omicidio sia riconducibile alla necessità di occultare e preservare un traffico di droga riconducibile a un soggetto vicino a Maurelli». La procura di Salerno ricostruisce bene i rapporti tra i sei indagati per omicidio. A partire dalla posizione del brigadiere Cioffi di cui si sottolinea «la spregiudicatezza e l'elevata pericolosità criminale». Oggi agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico fuori regione (è in Calabria), Cioffi era il braccio destro del colonnello Cagnazzo quando questi era comandante a Castello di Cisterna. Di Cioffi la procura sottolinea anche la «partecipazione ad un'associazione finalizzata all'importazione di ingenti quantitativi di cocaina dall'Olanda» ma il suo avvocato, Saverio Campana, ricorda che è stato assolto da alcune accuse e non riconosciuto intraneo ma esterno all'associazione. Il gruppo criminale al quale Cioffi sarebbe stato legato era quello dei Sautto-Ciccarelli di Caivano. Per la procura di Salerno Cioffi avrebbe avuto rapporti con Romolo Ridosso a cui aveva affidato la gestione di una pompa di benzina a Scafati, formalmente intestata alla moglie, tra il 2007 e il 2010; quindi anche con i fratelli Palladino di Pollica con i quali aveva creato una società di fatto finalizzata ad acquisire la gestione di una serie di pompe a marchio Ewa all'epoca sottoposte a sequestro nell'ambito di una indagine nei confronti dei casalesi. Proprio Cagnazzo avrebbe suggerito ai Palladino di coinvolgere in questo progetto delle pompe di benzina proprio Cioffi, a «riprova - si legge nelle carte - dei rapporti stretti tra i diversi soggetti coinvolti nel procedimento». Secondo l'ufficiale, infatti, il progetto imprenditoriale - scrive sempre la procura - poteva concretizzarsi grazie ai buoni rapporti con il custode giudiziario delle pompe sequestrate ai Casalesi. 

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