Arianna Manzo e la perizia che non c'è:
«Promesse disattese dopo tre mesi»

Arianna Manzo e la perizia che non c'è: «Promesse disattese dopo tre mesi»
Martedì 19 Gennaio 2021, 19:28
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I mesi passano e la condizioni di salute di Arianna Manzo - la 15enne vittima, anche secondo i giudici di primo grado, di un caso di malasanità quando aveva appena tre mesi - peggiorano: per questo motivo l'avvocato Mario Cicchetti, legale di Eugenio Manzo e Matilde Memoli, i genitori di Arianna, ha presentato un'istanza di sollecito alla Corte di Appello di Salerno affinché i periti del Collegio incaricati il 27 ottobre 2020 diano il via agli accertamenti finalizzati ad appurare i danni subìti dalla ragazzina che, ormai, vive su una sedia a rotelle.

«Sono trascorsi, inutilmente, altri due mesi dal conferimento dell'incarico al Collegio peritale che dovrà rivalutare il caso di Arianna Manzo di Cava de Tirreni e ho ritenuto doveroso sottoporre all'attenzione della Corte tale dato», sottolinea l'avvocato che evidenzia anche «le gravissime condizioni di salute in cui continua a versare la piccola che non le consentono di attendere altro tempo.

Ritardo che, seppur intervenuto in un momento tanto delicato per tutti i sanitari italiani impegnati nella lotta alla nota pandemia, non può essere ulteriormente tollerato perché sta determinando un ulteriore aggravamento delle già precarie condizioni della minore». «Confido, quindi, - si augura il legale dei genitori di Arianna - in un intervento della Corte che solleciti il Collegio peritale a disporre un immediato inizio di tali operazioni. In tale disperata situazione, - conclude - non posso non tornare ad evidenziare che, a tutt'oggi, le promesse fatte dal Presidente della Regione Campania alla minore e alla sua famiglia non hanno trovato alcuna concreta attuazione».

Nell'istanza l'avvocato ricorda anche che al momento, non è possibile «escludere qualsiasi evento fatale». Il contesto familiare in cui vive la 15enne, infatti, spiega l'avvocato Cicchetti, «è caratterizzato da situazioni economiche estremamente precarie, aggravate dalla necessità di fornirle assistenza fondamentale per la sopravvivenza» e ormai senza il risarcimento «la minore è ora privata anche dell'assistenza minima».

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