Pellezzano, niente estorsione per il gruppo Viviani: confermata la sentenza di primo grado

Secondo l'impianto accusatorio avrebbero cercato di recuperare soldi con violenza d un imprenditore di Pellezzano, in Appello non vengono riconosciute le accuse

Un'aula di tribunale
Un'aula di tribunale
di Angela Trocini
Mercoledì 3 Aprile 2024, 00:10
2 Minuti di Lettura

Confermata la condanna a 4 mesi, per esercizio arbitrario delle proprie ragioni, a carico di Emilio Viviani, Matteo Memoli e Vincenzo D’Elia. I giudici della Corte di appello di Salerno non si sono discostati dalla sentenza, emessa lo scorso anno, dalla prima sezione penale (presidente Diograzia, a latere Centola e Bosone) del Tribunale di Salerno che non accolsero le pesanti richieste che erano state formulate dal pm per estorsione aggravata dal metodo mafioso ritenendo solo trattarsi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sia per Viviani (difeso dagli avvocati Felice Lentini e Carlo Di Ruocco) che per Memoli e D’Elia per il quale la pena detentiva fu convertita con la multa di 3600 euro (difesi, rispettivamente dagli avvocati Manuela Memoli e Rodolfo Viserta).

Secondo la prospettazione accusatoria, che al termine dei dibattimenti sarebbe scemata, al titolare di un noto locale a Pellezzano era stato richiesto il “pizzo” in nome del clan Viviani: nello specifico, il salernitano Viviani e il cavese D’Elia - su istigazione dell’imprenditore vietrese Memoli - misero a segno una serie di intimidazioni all’ex socio in affari di quest’ultimo (era un’attività di ristorazione avviata nel 2017 a Pellezzano che, dopo la fuoriuscita dalla società del socio finanziatore Memoli, iniziò a non andare bene tanto che il socio lavoratore che era subentrato non riuscì a pagare più una serie di cambiali).

Un’ipotesi, quella estorsiva, che è venuta meno in dibattimento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA