Salerno, perde il lavoro e si accampa nei condomini: «Ha diritto all’assistenza»

Sos dei residenti alla Procura. L'avvocato: "La sua dignità prima di tutto"

Il clochard del rione Carmine
Il clochard del rione Carmine
di Viviana De Vita
Mercoledì 20 Dicembre 2023, 04:40 - Ultimo agg. 21 Dicembre, 16:58
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Quelle palazzine di rione Carmine sono diventate da ormai quasi tre anni la sua casa. È sulle scale di una decina di condomini tra via dei Principati, via Rafastia e via Paolo De Granita, che un cinquantenne salernitano si accampa da quando ha perso il lavoro, per ripararsi dal freddo e dalla pioggia, scatenando la protesta dei residenti. L’uomo, infatti, non si limita a dormire sui pianerottoli delle scale, impedendone di fatto l’utilizzo, ma espleta lì tutti i suoi bisogni fisiologici urinando dai piani alti, all’interno della tromba delle scale e bagnando le balaustre, i gradini, i pianerottoli e l’androne, non risparmiandosi neanche dal defecare negli spazi condominiali.

Una drammatica storia di miseria e solitudine che è ora approdata sul tavolo della Procura poiché le innumerevoli segnalazioni fatte dall’amministratore dei condomini coinvolti ai servizi sociali, al comando di polizia municipale e all’Asl, non hanno ad oggi sortito alcun effetto così come si è rivelata inutile ogni azione di contrasto posta in essere da polizia e carabinieri. 

Nasce da qui l’esposto presentato in Procura dall’avvocato Andrea Gambardella che, nel rappresentare le istanze dei condòmini, pone l’accento su un duplice problema: da un lato la dignità della persona ed in particolare del clochard, che versa in condizioni di minorata difesa e che risulta pertanto meritevole della tutela prevista dalla Costituzione, dall’altro le esigenze dei condòmini e degli utenti degli uffici e degli esercizi commerciali lì collocati, che intravedono nella condotta dell’uomo atti idonei ad offendere, imbrattare e molestare le persone. Il 50enne, inoltre, versa sempre in stato di alterazione psichica ed esiste un reale pericolo - si legge nella denuncia presentata dal legale in Procura - del diffondersi di infezioni - specie nelle fasce più deboli quali bambini, anziani e portatori di handicap - poiché sembra che il senzatetto sia affetto anche da scabbia.

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«Si tratta di una questione molto delicata - afferma l’avvocato Andrea Gambardella - e che perdura da troppo tempo. Se molti invocano il decoro per le loro proprietà, io chiedo innanzitutto che i diritti di quest’uomo vengano tutelati.

La sua dignità deve essere posta al primo posto. Va capito se ci sono responsabilità che gravano su questa circostanza e se sussiste una noncuranza colpevole da parte di chi invece avrebbe dovuto assisterlo. Il caso di questo signore che cerca riparo e chiede ospitalità nei giorni di freddo e di pioggia riguarda ognuno di noi. Bisogna immedesimarsi per comprendere la portata, soprattutto costituzionale, del problema. Inoltre troppi clochard non sanno ancora che il nostro ordinamento in attuazione alla legge sulla sicurezza pubblica prevede la possibilità per la persona senza dimora di fissare la residenza in una via fittizia, territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico. Questa via viene indicata dagli uffici dell’anagrafe comunale e serve ad ottenere la tessera sanitaria, strumento essenziale per accedere tra l’altro all’assistenza medica». 

Parole che fanno riflettere e che rimandano ad un panorama nazionale tragico. Nelle città italiane vivono circa 96mila fra clochard e senza fissa dimora, di cui quasi 13mila hanno meno di 18 anni. Fra essi non soltanto cittadini ridotti in povertà estrema ma anche persone in miserrime condizioni di salute. Le cifre tuttavia si riferiscono soltanto a quelli “censiti”, che cioè frequentano mense, dormitori e diocesi. Sono tante però le storie di vita randagia che sfuggono alle statistiche. E purtroppo sono in costante aumento. 

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