Faida di camorra nell'agro nocerino:
il neomelodico Zuccherino tra i 18 a processo

Faida di camorra nell'agro nocerino: il neomelodico Zuccherino tra i 18 a processo
di Nicola Sorrentino
Domenica 11 Luglio 2021, 12:30
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Sono 18 le persone che finiscono a processo con il rito immediato, a seguito di un'inchiesta condotta dalla Procura Antimafia di Napoli e Salerno, concentrata sullo scontro tra due organizzazioni criminali di natura mafiosa, in guerra nel territorio di Poggiomarino, ma con riferimenti e basi - per una delle due - a Pagani nell'Agro nocerino. Le accuse vanno dall'associazione di stampo camorristico al traffico di droga, alla detenzione di armi e munizioni. Uno dei due clan coinvolti farebbe capo a Rosario Giugliano, killer della Nuova Famiglia di Pasquale Galasso, mentre l'altro guidato da Antonio Giugliano, «O'savariello», caso di omonimia senza legami di parentela. La maxi indagine abbraccia un periodo che va dal 2016 al 2020, tra episodi di estorsioni, intimidazioni con armi da fuoco e minacce, dove i ruoli principali sono riferibili alle persone che ora finiscono sotto giudizio. Oltre a Rosario Giugliano, alias «O'minorenne», c'è la compagna, Teresa Caputo di Pagani, ritenuta intermediaria e incaricata di gestire le indicazioni dal carcere del capoclan. La donna è madre di Alfonso Manzella, anche lui di Pagani, conosciuto come «Zuccherino», il suo nome d'arte da neomelodico, ritenuto braccio destro e luogotenente di Giugliano sul territorio napoletano e dell'Agro nocerino. Il clan di Giugliano aveva a Pagani una base importante di riferimento. Tra i promotori ci sono anche Cristian Sorrentino, che come gli altri avrebbe impartito direttive agli affiliati e gestito estorsioni e commercio di stupefacenti; Giovanni Orefice e Giuseppe Nappo, ritenuti «braccio armato del clan», deputati a commettere azioni di fuoco e atti intimidatori. Il resto degli indagati proviene dalla provincia di Napoli, ma anche da Scafati, Battipaglia, Sarno, oltre che da Pagani. 

Tra gli episodi ricostruiti dall'organo inquirente c'è una «stesa» che sarebbe stata organizzata da Manzella ai danni di un bar caffetteria, ritenuto vicino al clan concorrente, ma anche le cessioni di droga, quali cocaina e marijuana, fino alla Piana del Sele e al Cilento.

Lo stesso Manzella è accusato di intestazioni fittizie di locali, oltre che di dirigere il gruppo criminale per conto di Giugliano, durante la detenzione del «boss» nel carcere di Opera, a Milano. Il blitz condotto dai carabinieri portò all'emissione di ventisei misure cautelari e sequestri di beni per circa 50 milioni di euro. Un'indagine partita dopo la scarcerazione di Rosario Giugliano nel 2016, pronto a fronteggiare il gruppo del suo omonimo. Il gip ha accolto la richiesta di processo, firmando ora il decreto di giudizio immediato per diciotto persone, con la prima udienza fissata per il prossimo mese di novembre. L'inchiesta vide anche un ulteriore episodio - trattato dalla Dda di Salerno separatamente - con riferimento sempre a Giugliano, arrestato insieme ad un complice di Pagani, per il tentato omicidio di Carmine Amoruso, ex collaboratore di giustizia. L'agguato fallì, a San Marzano. Era il 13 aprile scorso. Nel comune di Pagani c'era la base familiare - secondo gli inquirenti - di Giugliano. Durante il blitz, i militari rinvennero anche 62 ordigni a Poggiomarino, pronti ad esplodere e probabilmente da utilizzare per intimidire chi era vittima di estorsione. Diverso il materiale probatorio raccolto dalle due Procure, oggi fonte di prova per le 18 persone. Dalle intercettazioni ai verbali, fino ai sequestri e ai riscontri sul campo. 

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