Il presidente Arcigay Salerno: «L'Italia è l'unico Paese fondatore dell’UE in cui non è riconosciuto il matrimonio egualitario»

«Ogni volta che si cerca di affrontare temi che riguardano la comunità lgbtqia+ c’è sempre qualcuno che sostiene ci sono altre priorità»

Rocco Del Regno
Rocco Del Regno
di Chiara Valva
Giovedì 29 Febbraio 2024, 21:14
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Arcigay è la principale associazione lgbtq+ italiana senza scopo di lucro e la più grande per numero di volontari e attivisti su tutto il territorio nazionale. È un’associazione di promozione sociale che opera su tutto il territorio nazionale attraverso i suoi 73 comitati territoriali e associazioni aderenti. Rocco del Regno, classe 1994, è laureato in chimica ed è assegnista di ricerca in Chimica all'Università degli Studi di Salerno. Del Regno dal 2015 fa parte di Arcigay ed ha ricoperto diversi ruoli, dal 2022 è Presidente del comitato territoriale Arcigay di Salerno. 

Lo scorso 15 febbraio è stato riconosciuto il matrimonio egualitario in Grecia, pensa ci siano le basi affinché venga riconosciuto anche in Italia?

«L’Italia è uno dei pochi paesi europei in cui non è riconosciuto. La cosa più agghiacciante è il fatto che l’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea e l’unico tra questi a non riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Io dico sempre che la comunità lgbtqia+ fa parte del partito del «ci sono altre priorità», di fatto ogni volta che si cerca di affrontare temi che riguardano questa comunità c’è sempre qualcuno che sostiene «ci sono altre priorità, c’è la questione economica, la crisi» ed il tutto si conclude senza discutere e concretizzare mai nulla. Si tratta di scusanti».

Secondo lei cosa impedisce una discussione seria sul tema?

«Prima di tutto la presenza di un’etica conservatrice e poi la vicinanza della politica alla Chiesa.

Questo non riguarda solo partiti di destra ma anche di sinistra che risultano ancora molto divisi sul tema. Ad impedire una discussione seria sul tema non è solo una questione legata all’influenza della Chiesa, la questione è di stampo etico-culturale, così come la violenza di genere. In Italia però non si può parlare di educazione sentimentale, sessuale o affettiva senza che qualcuno non menzioni la cosiddetta «teoria gender», che non si è ben capito cosa sia. Sfido qualsiasi politico che parla di «teoria gender» a spiegare cosa sia. Allo stesso modo si parla di lobby gay, che dicono siano molto influenti nel nostro paese, ma nel concreto siamo uno dei Paesi più arretrati circa i diritti lgbtqia+».

Secondo lei quanto incide l’influenza cattolica sul tema?

«Sulla società la Chiesa cattolica non ha più forte influenza. La politica tende a cercare approvazione da parte della Chiesa e perciò ogni volta vengono tirate fuori questioni di stampo morale. Ciò riguarda anche l’aborto, che nonostante sia riconosciuto e sia legale, in alcune regioni viene reso impossibile l’accesso a questo diritto a causa dell’obiezione di coscienza. Credo che prima o poi dovremmo adeguarci all’Europa».

Secondo la sua esperienza da Presidente di Arcigay Salerno, le persone appartenenti alla comunità lbtqia+ come vivono l’atteggiamento della Chiesa circa i diritti civili?

«Con frustrazione sicuramente. Si ha una doppia discriminazione, una prima la si ha da una parte della società, che ancora oggi discrimina per il proprio orientamento sessuale o per la propria identità di genere. La seconda discriminazione avviene all’interno della propria stessa comunità religiosa, perché è frustrante sentir dire dal parroco di riferimento «la famiglia è solo uomo o donna» o «l’omosessualità è un abominio». Nonostante ciò, molte persone cattoliche appartenenti alla comunità lgbtqia+ cattoliche fanno riferimento alla dottrina del Vangelo in cui l’omosessualità non è mai citata. Non tutti reagiscono allo stesso modo, c’è chi riesce ad ignorare l’atteggiamento di chiusura della Chiesa e chi ne risente pesantemente».

In Italia il tema dei diritti lgbtqia+ viene affrontato in modo quasi egemonico dai partiti di centro-sinistra. È d’accordo?

«Se si vanno ad analizzare i Paesi europei in cui il matrimonio egualitario è riconosciuto, che ci tengo a precisare non va confuso con le unioni civili, ci si renderà conto che a normare sul matrimonio egualitario sono stati spesso e volentieri partiti conservatori. In Grecia attualmente al governo c’è Nuova Democrazia, un partito appunto conservatore. In Italia il tema è del tutto polarizzato dal centro sinistra. Una persona appartenente alla comunità lgbtq+ può essere di destra, pertanto non è accettabile che il tema venga portato avanti solo da uno schiarimento. In Italia non lo si riesce a comprendere».

Ha affermato che il matrimonio egualitario non va confuso con le unioni civili, secondo lei quali sono le differenze più rilevanti?

«Il matrimonio non va confuso con le unioni civili. Ci sono tante differenze, la legge sulle Unioni Civili ha introdotto una tutela ma anche una discriminazione perché non può essere adottata da coppie eterosessuali se vogliono essere riconosciute come tali avanti alla legge. Ha sancito una differenziazione, ha creato una discriminazione. Nel momento in cui permetti ad una coppia eterosessuale di sposarsi mentre ad una coppia omosessuale permetti solo di unirsi civilmente, stai creando una discriminazione di Stato. Una delle differenze più rilevanti è che non è prevista la possibilità di adozione o la Stepchild Adoption nel caso di soggetti che siano già genitori. Altra differenza è che la Legge Cirinnà non crea vincoli di affinità con gli uniti civilmente. Non sono previsti gli obblighi che sono previsti per il matrimonio, come l’obbligo di fedeltà, di collaborazione. Inoltre, non è prevista la separazione ma solo lo scioglimento diretto dell’unione civile che è equivalente al divorzio. Non è neanche possibile scegliere un cognome comune. Oltretutto gli uniti civilmente non vengono riconosciuti come famiglia, ma come formazione familiare speciale riconosciuta dalla Costituzione».

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