Saranno 33, come programmato all’inizio, e non 13, come erroneamente riportato in una delle slide mostrate a organizzazioni sindacali e primi cittadini nei giorni scorsi, le case di comunità nel Salernitano.
Case che vanno ad aggiungersi agli 11 ospedali di comunità, 13 centrali operative territoriali e 3 hospice, di cui uno programmato, previste nel Pnrr.
A Scafati si prevede il ritorno di un ospedale con 150 posti letto ed un presidio di soccorso.
Resta un Dea di primo livello. Eboli e Battipaglia restano in un unico Dea e a Battipaglia viene confermata la rete neonatologica, mentre Roccadaspide passa al Dea di Vallo della Lucania - Agropoli, con 20 posti letto di medicina - area cardiologica e 10 di day surgery - pronto soccorso. Ad Agropoli confermati 52 posti letto per la riabilitazione e 20 nella lungodegenza. Conferme anche per l’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, l’Immacolata di Sapri e il presidio di Oliveto Citra.
«Il Governo nazionale, nell’ultima revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha tagliato fondi e risorse destinati all’edilizia sanitaria, tagliando in tutt’Italia 500 progetti di case e ospedali di comunità - dichiara il parlamentare salernitano del Pd Piero De Luca - Fortunatamente, in Campania e soprattutto in provincia di Salerno, questo taglio non avrà effetti, perché la Regione era già molto avanti rispetto alla progettazione degli interventi previsti in questa provincia e coprirà, con propri fondi, le risorse che mancano a causa dei tagli del Governo nazionale. I progetti rimarranno, quindi, inalterati e stanno andando avanti. Sono 33 case di comunità, 13 punti centrali operative e 8 ospedali di comunità che saranno realizzati in questa provincia. È un risultato straordinario che riusciamo a portare avanti per l’impegno della Regione Campania, nonostante i tagli e le revisioni che il Governo ha fatto del Pnrr e nonostante i tagli che il Governo sta continuando a fare sulla sanità. Quindi, riusciamo a reggere nonostante politiche disastrose nazionali sulla sanità».
Le case di comunità nascono con l’obiettivo di offrire un riferimento a cui rivolgersi per le prime necessità, non intasando così i pronto soccorso. Sono una ogni 40-50 mila abitanti. All’interno opererebbero, il condizionale è d’obbligo, vista la grave carenza di professionisti sanitari, medici di medicina generale, pediatri, ostetrici, lo psicologo, infermieri di famiglia, un assistente sociale, 5-8 figure sociosanitarie e amministrative.