«Scarano colpevole per coprire
le evasioni degli armatori D’Amico»

«Scarano colpevole per coprire le evasioni degli armatori D’Amico»
di Petronilla Carillo
Mercoledì 30 Giugno 2021, 06:45 - Ultimo agg. 20:25
3 Minuti di Lettura

«Il reato presupposto ai fini dell’ipotesi di riciclaggio attribuita a Nunzio Scarano e a Tiziana Cascone, in concorso con il primo, è stato individuato in delitti di natura fiscale perpetrati da Paolo, Cesare, Maurizio e Maria Cristina D’Amico». In 44 pagine di requisitoria, depositata per iscritto viste le restrizioni legate alla sicurezza sanitaria da Covid, il pm Elena Guarino spiega, con l’aiuto di grafici, intercettazioni e stralci di interrogatori, il perché delle sue pesanti richieste di pena: 205 anni complessivi, quattro anni a testa solo per i 44 indagati che avrebbero aiutato il prelato a «riciclare» il denaro con il meccanismo degli assegni cambiati e per i D’Amico. Nove, senza alcuna attenuante, ma con le aggravanti, gli anni di pena chiesti dal sostituto procuratore Guarino per il solo monsignor Nunzio Scarano. Tre anni e tre mesi, invece, quella per la commercialista Tiziana Cascone; sette anni per Luigi Noli; cinque anni per Domenico Scarano e quattro per il notaio Bruno Frauenfelder, imputati per la vicenda dell’estinzione del mutuo e coinvolti nelle acquisizioni patrimoniali del prelato. 

Nessuna considerazione su quello che è stato il modus operandi degli indagati, in 44 pagine «pulite» il pm fa riferimento alle risultanze investigative per provare le propria accuse attraverso una analisi approfondita anche di quello che sarebbe stato il reato a monte, l’evasione fiscale.

Spunta anche il «compenso» per il prelato: un 2% di commissione che Maurizio D’Amico riconosce a Scarano per operazioni di rientro di denaro dal Regno Unito su conti Ior. Commissione riconosciuta, per ammissione dello stesso Scarano, anche dagli altri due cugini armatori, Cesare e Paolo. Che le disponibilità trasferite dai D’Amico a Scarano sui conti italiani e sui conti Ior siano di natura illecita ovvero frutto di evasione fiscale, emerge - scrive la pm nella sua requisitoria - «da dichiarazioni rese da Maria Cristina D’Amico e che sono state acquisite in dibattimento con il consenso della difesa.

Dichiarazioni con le quali la stessa disconosce un documento, a sua firma, nel quale si faceva riferimento alle donazioni riconosciute a Nunzio Scarano dagli esponenti della famiglia D’Amico, documento in realtà falsamente predisposto nel contenuto dallo stesso prelato per precostituirsi una valida giustificazione per le sue spropositate disponibilità». Quindi, prosegue ancora la Guarino, dalle stesse dichiarazioni di Scarano che spiega «la reale motivazione sottostante tale bonifico, natura ovviamente diversa da quella riportata nel corso dell’interrogatorio di garanzia reso, il 1 luglio 2013, dinanzi al gip di Roma a seguito dell’esecuzione nei suoi confronti della misura custodiale del carcere, dove afferma testualmente:... 200.000 c’è un bonifico di Paolo (D’Amico, ndr) che sta scritto come donazione ed era sì per aiutarmi a rientrare dei soldi per i quali io ero stato ricattato…».

C’è poi la vicenda relativa al patrimonio immobilare del prelato. Come, scrive ancora la Guarino, «sui contratti di compravendita degli immobili di un valore palesemente inferiore all’importo effettivamente pagato. È il caso dell’acquisizione da parte di Nunzio Scarano degli immobili di Salerno, via Tanagro 20 (prezzo di acquisto 325.000 eruro – importo indicato nel contratto 75.200), piazza Sedile di Porta Rotese (prezzo di acquisto 142.500, importo indicato nel contratto 65.000), via Romualdo II Guarna, 5 (prezzo di acquisto 1.255.000, importo indicato nel contratto 1.155.000); atti di compravendi questi tutti stipulati dinanzi al medesimo professionista notaio Bruno Frauenfelder».

© RIPRODUZIONE RISERVATA