Monsignor Scarano condannato
a sette anni: confiscati i beni

Monsignor Scarano condannato a sette anni: confiscati i beni
di Petronilla Carillo
Sabato 5 Marzo 2022, 06:25 - Ultimo agg. 17:34
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Nessuna menzione per quello che il pm Elena Guarino aveva definito il «reato a monte», ovvero l’evasione fiscale degli armatori D’Amico ma una pioggia di assoluzioni per tutti gli «amici» di monsignor Scarano che gli avevano dato un aiuto nel riciclare il denaro e che avrebbero, alcuni a propria insaputa secondo la stessa accusa, partecipato all’operazione di estinzione di un’ipoteca su un appartamento che l’alto prelato salernitano aveva dato in garanzia. Estinzione compiuta con finte donazioni di terzi e con assegni da 10mila euro rimborsati in contanti. Condannato invece il prelato e il suo commercialista, Tiziana Cascone (quest’ultima difesa, assieme alla sorella Maria Rosaria - assolta - dall’avvocato Carmine Giovine). Sette anni di carcere ed una multa di settemila euro, per monsignor Nunzio Scarano riconosciuto del reato di riciclaggio limitatamente, spiegano i giudici della seconda sezione penale (presidente Paolo Valiante, a latere giudici Enrichetta Cioffi e Giovanni Rossi), alla somma di due milioni e circa 400mila euro e di 450mila euro per altro capo di imputazione, con relativa confisca dei beni assimilabili al profitto ricevuto, quindi imposta l’interdizione dai pubblici e uffici e l’interdizione legale per tutto il periodo della pena. Condannata a tre anni e sei mesi di reclusione, invece, per la commercialista di Scarano, Tiziana Cascone, con interdizione dai pubblici uffici e la confisca di beni per oltre 500mila euro. Assolti tutti gli altri imputati e anche il notaio Bruno Frauenfelder per prescrizione. Oltre a don Luigi Nioli e il cugino del prelato, Domenico Scarano. Il pm Elena Guarino, per il monsignore aveva chiesto 9 anni. Complessivamente 205 anni complessivi, quattro anni a testa solo per i 44 indagati che avrebbero aiutato il prelato a «riciclare» il denaro. Ora si attendono le motivazioni anche perchè, proprio sulla questione degli assegni un altro imputato, Carmine Malangone, che aveva scelto il rito alternativo era stato condannato a quattro anni di pena. Possibile, dunque, che la procura ricorra in Appello. Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Federico Conte, Francesco Saverio Dambrosio, Antonio Ciliberti e Antonio Zecca. L’avvocato Silverio Sica, difensore storico di Scarano aveva lasciato l’incarico proprio perchè non condivideva la linea del collega riomano Anceletti. 

L’inchiesta scattata nel 2013, ha portato la procura di Salerno ad accertare presunte false donazioni provenienti da società offshore dei D’Amico transitate su conti Ior intestati a Scarano; secondo il pm Elena Guarino, le donazioni sarebbero servite a coprire un grosso riciclaggio di denaro.

In particolare si tratta di un giro di assegni che, passando sotto forma di donazioni sarebbero rientrati in una operazione di riciclaggio. In pochi mesi l’inchiesta si chiude: sono i primi giorni del mese di luglio del 2014 quando il gup Renata Sessa firma i rinvii a giudizio per il prelato ed altre persone che avrebbero, alcuni a propria insaputa, partecipato all’operazione di estinzione di un’ipoteca su un appartamento che l’alto prelato salernitano aveva dato in garanzia. Estinzione compiuta con finte donazioni di terzi e con assegni da 10mila euro rimborsati in contanti. Nel 2016 la prima condanna-assoluzione per il monsignore salernitano nel filone romano, una vittoria a metà: assolto dall’accusa di riciclaggio e corruzione, viene condannato solo per calunnia per aver incolpato «falsamente» un uomo dei servizi segreti di furto e ricettazione di un assegno bancario di 200mila euro che Scarano aveva consegnato all’agente in «esecuzione del patto corruttivo».

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