Il giorno prima del suo compleanno era alle prese con l’estetista per la manicure e la pulizia del viso. Non rinuncia mai alla sua passeggiata quotidiana e guai a provare a farla vestire di scuro. Non ci è riuscito neppure l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quando la invitò, nel 2014 al Quirinale. Il dress code prevedeva il blu, ma lei scelse il giallo perché era un colore più solare. Faustina Santoriello, classe 1922, nata a Cava de’ Tirreni e residente a Salerno, ha appena festeggiato con i suoi quattro figli e i suoi dodici nipoti nella città natale i suoi primi cento anni.
Un secolo vissuto intensamente, perché Faustina è tra le poche testimoni dirette dell’eccidio di Kos, la piccola Cefalonia dimenticata con i suoi 103 ufficiali italiani trucidati dai tedeschi.
Faustina ne ha vissute tante, compresa l’esperienza in un campo di prigionia, prima di poter tornare a casa, in Italia, nel 1945. Un’esperienza che anziché inaridirla l’ha portata ad essere sempre solare ed aperta al mondo, generosa e felice, un esempio per tutti. «Nel 2014, su invito del generale Liuzzi è ritornata a Kos – racconta la figlia – per inaugurare una lapide in ricordo delle vittime italiane su cui pose anche un mazzo di rose». Alla base del viaggio a rebours, un annuncio apparso nello stesso anno su Famiglia Cristiana, in cui si chiedeva, via Facebook, di contribuire a dare notizie di quella storia. Una sorta di chiamata alle armi per recuperare la memoria. Faustina non aveva i social, ma in un secondo riuscì a tessere le fila di quanto accaduto, scoprendo con dolore che tanti, compreso un ufficiale che all’epoca era il suo fidanzato, erano morti. «A Kos siamo state dieci giorni – ricorda Rosalba – Mia madre voleva ritrovare i suoi alunni, ma non è stata fortunata. Ci siamo riusciti solo in due casi, però si trattava di persone che ormai non erano più lucide». Lei, invece, la lucidità non l’ha mai persa. Anzi. «Continua a progettare e a pianificare e forse è questo il segreto della sua longevità». Tra i ricordi più nitidi, «il giorno in cui pregammo la Madonna di Pompei per salvarci dai bombardamenti – ricorda Faustina – e quando, sempre nel campo di concentramento in cui ci avevano confinati, mi inerpicai da sola lungo una montagna perché mia zia aveva appena appena partorito e aveva bisogno di aiuto. Provai a raggiungere l’ospedale. A un certo punto comparvero dei fuggiaschi ed ero terrorizzata. Poi spuntò un mio ex alunno, Nicola, che mi aiutò a compiere la mia missione. Non lo dimenticherò mai più». Infine un appello ai ragazzi: «Siete fortunati, non lamentatevi, andate avanti da soli con le vostre forze e siate felici perché la vita è bella».