Neuralink, cosa è il primo chip di Elon Musk impiantato nel cervello umano. «Si potrà controllare telefono e pc»

di Marta Giusti
Martedì 30 Gennaio 2024, 15:43 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 06:41 | 2 Minuti di Lettura

Le parole del neurologo Rossini

Paolo Maria Rossini, direttore del dipartimento di Neuroscienze e neuroriabilitazione dell'Irccs San Raffaele di Roma ritiene che sia necessario andare a passo con i tempi in ambito medico ma bisogna farlo con cautela: «L'annuncio dell'impianto cerebrale su un essere umano è interessante, ma l'entusiasmo che ha suscitato è per ora poco motivato, sappiamo solo che il paziente si sta riprendendo bene dall'intervento e che i contatti tra microelettrodi e neuroni sono funzionanti. Di conseguenza le prossime giornate e settimane saranno determinanti per comprendere se e quanto questo tipo di approccio potrà dare le risposte paventate». «Non è mai facile commentare una notizia scientifica che non sia stata pubblicata su una rivista di settore con tutte le informazioni e i dettagli del caso, numerosi tentativi precedenti sono stati fatti con un approccio simile da un punto di vista teorico».

«Nell'esperimento della Neuralink si dovrà verificare quante volte il comando inviato dal paziente viene interpretato in modo corretto dall'apparecchio e viene quindi eseguito con efficacia e quanti errori e di quale portata (anche in termini di rischio) esso compie. Si dovrà verificare la durata della bontà del contatto nel tempo perché attorno alla punta degli elettrodi si crea una reazione fibrosa che ne diminuisce l'efficacia». Si dovrà anche valutare poi il rischio di interferenze con le onde elettromagnetiche emesse da comuni apparecchiature e che riempiono oggi l'ambiente di una casa normale e verificare se la presenza di microelettrodi inseriti in corteccia induca una irritazione dei neuroni penetrati dagli elettrodi con relativo aumento del rischio di epilessia». Conclude alla fine l'esperto dicendo che: «pensare già oggi di utilizzare questo tipo di approccio in casistiche estese e in patologie di grandi numeri come i pazienti colpiti da stroke, da Parkinson e addirittura da malattie psichiatriche è non solo molto prematuro, ma fuorviante perché induce speranze del tutto immotivate in malati e famiglie già troppo provati dalle loro condizioni»

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