Campania,​ il record di casi di diabete a causa di stili di vita errati

L’aderenza alle nuove terapie fondamentali per ridurre mortalità e disabilità, pesa sull’aspettativa di vita lo svantaggio socioeconomico

Campania, il record di casi di diabete a causa di stili di vita errati
Venerdì 29 Settembre 2023, 13:38
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Stili di vita errati, svantaggio socioeconomico, alta incidenza di obesità giovanile, sedentarietà e scarsa propensione alla prevenzione e alla attività fisica regolare sono alcuni dei fattori di rischio che rendono conto dell’alta incidenza e prevalenza del diabete in Campania, in un Sud dove si registra un generale maggiore incremento dei nuovi casi annui di malattia rispetto al Centro nord, sullo sfondo di una pandemia che ha inciso fortemente sull’accesso alle cure solo in parte mitigato dal ricorso alla Telemedicina. 

Il diabete è una malattia cronica che dunque, per definizione, non guarisce ma che se diagnosticata per tempo e curata adeguatamente può evitare di sfociare in processi patologici che colpiscono tutti gli organi e apparati.

E’ quanto emerge da un focus sulla pandemia diabete promosso a Napoli da Motore Sanità con il contributo non condizionante del gruppo Menarini e Guidotti.

Evento a cui hanno partecipato i consiglieri regionali Diego Venanzoni e Giovanni Porcelli, Stefano Masi, presidente campano Amd (Associazione medici diabetologi), Vincenzo Guardasole, Vice presidente Amd Regione Campania e docente della Federico II, Giovanni Annuzzi, associato in Scienze tecniche dietetiche applicate Federico II, Giuseppe Bellastella, Presidente Sid Campania, Augusto Benini, Presidente Fand Associazione Italiana Diabetici, Massimo Di Gennaro, dirigente Soresa, Matteo Laringe , presidente Simg Campania,
Massimo Liguori, direttore diabetologia del Cardarelli, Paola Pisanti, consulente del ministero della salute, Luigi Sparano, segretario provinciale Fimmg e Tiziana Spinosa, direttrice Distretto 25 referente per la Diabetologia Asl Napoli 1 Centro.

«La Campania negli ultimi anni ha messo in campo un’articolata rete di centri multispecialistici pubblici e accreditati per la cura del diabete che hanno ridotto le conseguenze a lungo temine della patologia – ha sottolineato Diego Venanzoni - ma bisogna migliorare sull’accesso a visite e controlli puntando su agende dedicate anziché sul Cup unico e su questo aspetto lavoreremo in Consiglio».

«L’articolazione della rete diabetologica campana in centri di primo, secondo e terzo livello – ha aggiunto Massimo Liguori del Cardarelli – ha consentito di ridurre il ricorso alle amputazioni maggiori ma poiché il diabete è una malattia cronica bisogna lavorare sulla prevenzione e sulla aderenza alle terapie per ridurre le conseguenze e lungo termine».

«Cure tempestive con i nuovi farmaci ipoglicemizzanti, che è responsabilità anche del medico di medicina generale poter prescrivere – ha aggiunto Luigi Sparano segretario provinciale di Napoli della Fimmg – insieme all’aderenza alla terapia e alla presa in carico multidisciplinare nei diversi livelli di cura unitamente a uno stile di vita sano e a un’alimentazione corretta consentono di dare al malato di diabete le stesse opportunità di salute una persona sana evitando sequele, morti evitabili, ictus, infarti, danni alla retina, amputazioni maggiori».

Basti pensare che la riduzione di aspettativa di vita che, nella persona con diabete non adeguatamente trattato è di circa di 7-8 anni.

Nell’ultimo decennio il panorama terapeutico si è molto arricchito di efficaci opzioni terapeutiche. Gli SGLT2 inibitori (o gliflozine) approvati in Italia per il trattamento del diabete di tipo 2 con una sola somministrazione giornaliera sono in grado di ridurre il peso corporeo, la pressione arteriosa e la rigidità vascolare migliorando la funzione renale e con risvolti positivi su molti fattori di rischio cardiovascolare dei pazienti diabetici.

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«Il 60% della mortalità per malattie cardiovascolari è associata al diabete – ha sottolineato Stefano Masi, il 38% delle persone malate hanno una insufficienza renale (può portare alla dialisi), il 22% deve fronteggiare una retinopatia, il 3% ha problemi agli arti inferiori e piedi (arteriopatia ostruttiva)».

Una patologia, il diabete, che riguarda il 32% dei soggetti in età lavorativa (20-64 anni) con prevalenza del 10% fra le persone di 50-69 anni e che da sola assorbe l’8% del budget per la Salute e che in Italia provoca oltre 9,25 miliardi di costi diretti (circa un miliardo in Campania) a cui ne vanno aggiunti almeno altrettanti di spese indirette) con un valore di circa 2.800 euro per paziente (il doppio di quelli spesi per curare malati non diabetici).

Ma il 90% dei costi è attribuibile a complicanze e comorbilità, mentre solo il 10% è assorbito dalla gestione del problema metabolico. 


Nel diabete di tipo 2 raggiungere l’obiettivo glicemico indicato dalle linee guida con il solo cambiamento dello stile di vita è raramente possibile e diventa necessario l’utilizzo di terapie con i nuovi ipoglicemizzanti orali che secondo le più recenti linee guida nazionali sono uno strumento efficace nella prevenzione delle complicanze a lungo termine e per ridurre i costi legati alla gestione delle conseguenze cliniche grazie ai documentati effetti di protezione cardiovascolare, particolarmente per quanto riguarda lo scompenso cardiaco. 


Il diabete aumenta di 4 volte il rischio di sviluppare un ictus (un trattamento efficace invece lo riduce di un terzo), aumenta del 300% il rischio di infarto e di 4 volte il rischio di cardiopatie (un trattamento efficace lo riduce del 50%).

La malattia diabetica è inoltre la causa principale dell’amputazione non traumatica degli arti inferiori, è una delle principali cause di cecità, triplica l’incidenza di insufficienza renale grave laddove un efficace trattamento riduce del 50% il rischio di sviluppare gravi complicanze cardiovascolari che rappresentano la prima causa di morte.

I tassi di mortalità standardizzati per età, dopo i 65 anni per 10 mila residenti vede ugualmente un primato al sud dove però le politiche di contenimento e presa in carico hanno ridotto, negli ultimi 5 anni, le amputazioni maggiori agli arti inferiori.

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