New York, Song' E Napule: storia di un pizzaiolo che ce l'ha fatta

New York, Song' E Napule: storia di un pizzaiolo che ce l'ha fatta
di Luca Marfé
Sabato 26 Agosto 2017, 23:28
4 Minuti di Lettura
Ciro Iovine è un sognatore, papà di due figli e di un terzo in arrivo. Un grande lavoratore che ce l’ha fatta, qui dove i desideri, conditi con tanto impegno, possono diventare realtà. Entrando nella sua «piccola tana», così come la chiama lui, al 146 di West Houston Street, ci si ritrova catapultati in un pezzetto di Italia. “Song’ E Napule” è questo: il prodotto di tanta dedizione e, soprattutto, dell’amore di una splendida famiglia.

Ciro fa il pizzaiolo da quando di anni ne aveva 13 e viveva a Fuorigrotta. Il suo mestiere lo ha portato in giro per l’Europa, poi alle Isole Cayman e infine a New York. 



«Qui sono venuto prima in vacanza; ho trovato lavoro il giorno successivo. Dopo circa 2 o 3 anni ho avuto la fortuna di conoscere mia moglie Austria e la mia vita è decollata». Gli brillano gli occhi. «Così, nel Gennaio 2015, proprio grazie a lei, è partito il progetto Song’ E Napule. Mio fratello Giovanni mi ha dato una mano all’inizio, poi se n’è andato, ma ora è tornato di nuovo; mi fa piacere, sono felice, cresciamo tutti insieme».

Lì dove Greenwich e Soho si incontrano, l’inconfondibile calore napoletano pervade l’atmosfera curata alla perfezione. Un vortice di odori, sensazioni, sapori, immagini e memorie nel bel mezzo della frenesia newyorkese. Appena entrati, tra l’inebriante profumo di sugo, la fragranza della pizza appena sfornata e la vista di una meravigliosa caprese, ci si dimentica del caos di taxi gialli ed è subito magia, è subito Italia, è subito casa.



Il successo di Ciro sta anche nella scelta delle materie prime, tutte rigorosamente italiane.

«Uso solo olio extravergine d’oliva siciliano e pomodoro San Marzano DOP. Le mozzarelle, la ricotta e la provola di bufala sono prodotti di Aversa; la burrata, invece, viene dalla Puglia». 

Tanta passione e fondamenta solide: quelle della famiglia. 

«Mia figlia giocava qua fuori e dormiva nel retro del locale. I nostri ospiti questo posto l’hanno percepito da sempre come la nostra casa». Sorride e ricorda: «Una volta un tassista indiano rubò sotto i nostri occhi un suo giocattolo, un cliente vide tutto e, al momento di pagare il conto, lasciò 200 dollari di mancia per rimediare al suo pianto, per comprarne uno nuovo, ancora più bello». Quasi si commuove: «Un popolo stupendo, io li amo, amo gli americani».



Cuore e testa di Ciro puntano ora alla Florida e ad un altro sogno che ha già un nome: “Napoli 1800”.

«Con Miami è stato amore a prima vista e così, quando il mio socio e omonimo Ciro Adamo mi ha chiesto se avessi voluto partecipare a questo nuovo progetto, ne ho parlato immediatamente con mia moglie e un attimo dopo ho accettato. Sarà un altro sogno, ancora più grande». 

Con sé, sempre l’amore sconfinato per la sua terra.

«La cosa che mi manca di più di Napoli è la mia famiglia, la città in generale e poi, va be’, lo stadio», dice sorridendo con la mente che vaga già tra i ricordi. «La domenica da piccolino anche quando con mio padre non ci andavamo, sentivo il gol in diretta e il boato del San Paolo. La fortuna di abitare a Fuorigrotta».
Sorride di una soddisfazione che sa di nostalgia.



«Di New York, però, mi piace tutto. Sì, la città è caotica, ma quale grande metropoli non lo è? Manhattan è spettacolare! Alle volte, persino dopo 7 anni, quasi mi ritrovo a saltare da solo e penso “mamma mia!”. E mi sento un po’ come una sorta di strampalato Mario Merola moderno! È una città stupenda, ti viene voglia veramente di fare tanto, ti vengono in mente tante idee da sviluppare, ti viene da vivere forte, è un vortice».

Ma non è stato affatto semplice.

«Quando arrivi in questo Paese, devi un po’ cambiare, ti devi ambientare. Devi adattarti anche al palato del cliente; magari vorresti proporre una cosa al 100% italiana, ma può capitare che al cliente quella cosa non piace. Bisogna adattarsi, talvolta sorvolare». E chiude con il suo sguardo generoso: «Poi tutti conoscono l’Italia, a volte meglio di noi italiani. Amano la nostra città, il nostro vino, la nostra cultura, tutto. L’Italia è stupenda, punto e basta».



Sì, l’Italia è stupenda e Ciro è riuscito a portarne un pezzo qui, proprio nel cuore della Grande Mela, dimostrando a tutti che non bisogna mai smettere di sognare. Perché con gli ingredienti giusti e l’autentica passione napoletana, i sogni alla fine si realizzano per davvero.
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