Nomadland, mira agli Oscar il film sui «nomadi» degli States diretto dalla cinese Chloé Zao

Nomadland, mira agli Oscar il film sui «nomadi» degli States diretto dalla cinese Chloé Zao
Nomadland, mira agli Oscar il film sui «nomadi» degli States diretto dalla cinese Chloé Zao
di Francesca Scorcucchi
Sabato 10 Aprile 2021, 09:29 - Ultimo agg. 16:08
4 Minuti di Lettura

Sei candidature fra cui quelle per il miglior film, la migliore attrice protagonista e il miglior regista. «Nomadland» - al cinema quando le sale riapriranno e dal 30 aprile su Star, nuovo canale di Disney+ - con Frances McDormand diretta da Chloé Zhao è tra i titoli destinati a far man bassa di premi quando il 25 aprile, con un ritardo di circa tre mesi causa Covid, si terrà la cerimonia degli Oscar.

Che questo dramma, tratto dal libro di Jessica Bruder che racconta un'America tanto povera e precaria quanto autentica, fosse destinato al successo è stato chiaro sin da settembre, quando ha ottenuto il Leone d'oro alla Mostra di Venezia.

Secondo la regista, a renderlo importante è il fatto che dietro un racconto intimo e personale si nasconde un viaggio sociologico ampio e complesso: «Dipingiamo un mondo attraverso la storia di Fern. Sin dagli inizi della mia carriera ho capito che per raccontare un fenomeno è molto importante ancorare il pubblico a una singola storia», spiega Zhao.

La McDormand è Fern, una donna vedova che vive e attraversa gli Stati Uniti nel suo furgone. Non è un fenomeno isolato, quello del «nomadismo» dei cittadini americani nei vari stati della federazione, sempre alla ricerca del prossimo lavoro precario. «Mamma dice che sei senzatetto», dice una ragazzina alla protagonista. «Non sono senza tetto, sono senza casa, è diverso, no?», risponde la donna. Le lamiere del suo furgone rappresentano un tetto per Fern come per tanti americani messi in ginocchio dalla crisi del 2008 e ora di nuovo schiacciati dalla pandemia.

Chloé Zhao inquadra un mondo lontano migliaia di chilometri da Pechino, dove è nata, 39 anni fa, e non è la prima volta. I suoi racconti di cui cura anche la sceneggiatura e il montaggio - sono sempre caratterizzati da una forte connotazione a stelle e strisce. I titoli precedenti, «Songs my brothers taught me» e «The rider - Il sogno di un cowboy», sono western moderni. D'altronde vive a Los Angeles da anni e si sente profondamente americana: «È stato il mio spirito ribelle che mi ha fatto venire via dalla Cina e esplorare il mondo occidentale».
Se Zhao dovesse vincere e ci sono altissime probabilità che succeda - sarebbe il secondo Oscar per la regia ad una donna, dopo quello andato Kathryn Bigelow nel 2010 per «The hurt locker». È la prima donna asiatica candidata, mentre Frances McDormand è la prima artista a ottenere una candidatura nel doppio ruolo di protagonista e produttrice: «Ho creduto molto in questo progetto», spiega lei, «da 38 anni a questa parte mi identifico nei personaggi che interpreto ma questa volta è stato diverso, questa volta è stato più essere nel presente, in una situazione, e poi agire e gestire quella situazione».

Il film infatti ha un sapore quasi documentaristico: «Ci sono due tipi di nomadi in America», spiega la regista, «quelli che lo sono davvero e quelli che sono stati messi in mezzo alla strada dalla situazione economica. Fern è una vera nomade».

Conferma McDormand: «È una donna la cui vita è stata domata per un certo tempo ma che poi ha subìto il richiamo della sua natura. Quello che vorremmo con questo film è mettere il pubblico a conoscenza di alcuni elementi che visti dalla nostra prospettiva sono quasi incomprensibili e, così facendo, fare in modo che sia lo stesso pubblico a giudicare. Noi non vogliamo insegnare a nessuno come dovrebbe vivere».
Classico road-movie, «Nomadland» mostra paesaggi naturali mozzafiato: «La vita nomade ti espone alla natura», riflette la protagonista, «e in mezzo a tanti disagi, a situazione climatiche estreme, c'è un aspetto che è una benedizione: il panorama di cui ti trovi immerso. Le riprese di questo film sono durate più a lungo di un film tradizionale, quasi sei mesi, con momenti di fermo per permettere alle stagioni di cambiare il paesaggio».

È stata Frances a scegliere la Zhao: «Il mio ruolo più importante, in qualità di produttrice, è stato quello di dare retta a chi mi ha consigliato di leggere il libro. Poi ho incontrato la scrittrice, al Toronto Film Festival, e poco dopo Chloé, che non conoscevo. Poi tutto si è mosso velocemente. Per un certo periodo di tempo non pensavo nemmeno di apparire nel film ma abbiamo deciso che ne avrei fatto parte. Dopo di che ho fatto davvero di tutto, ero costumista, parrucchiera e truccatrice di me stessa, ero trova-roba. Ero esausta. E ora posso dire una cosa: è molto meglio essere esausta che far finta di esserlo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA