Pio e Amedeo sul set: «Dal teatro al cinema: nessuno ci può fermare»

«Noi siamo tifosi del Foggia ma lo scudetto del Napoli è stato un riscatto sociale»

Pio e Amedeo sul set
Pio e Amedeo sul set
di Stefano Prestisimone
Sabato 29 Luglio 2023, 08:00
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Sfottò continui, senza freni, senza limiti. Mettendo incredibilmente assieme nel loro show tv Annalisa e Gigione, Elisa e Gianni Celeste, con un clamoroso gioco di contrasti. E poi organizzando sul palco «La sagra del torcinello» o provando a far ubriacare di limoncello Fabio Cannavaro. Il loro diktat è l'eccesso, unendo il trash e l'incultura tra provocazioni, avances volutamente esplicite nei confronti di ogni esponente del genere femminile. Nudi e crudi, Pio e Amedeo, entrambi 40enni, pugliesi, sono passati dagli scherzi telefonici su Telefoggia, ai coretti da stadio per le «Iene», fino ai 4,3 milioni di telespettatori con oltre il 20% di share fatti registrare su Canale 5 nell'edizione 2021 di «Felicissima sera», il loro primo vero spettacolo tv a tutto tondo con super ospiti, balletto d'ordinanza, orchestra. Ma anche in questo caso immancabili sono scattate le polemiche: accuse di omofobia, sessismo, razzismo.

Pio e Amedeo, ora quello show che ha avuto quest'anno una seconda edizione diventa uno spettacolo dal vivo, «Felicissimo show», con una lunga tournée che approderà all'Augusteo dal 4 all'8 ottobre. Con repliche quadruplicate a grande richiesta.
«Si siamo passati da una data a quattro.

Una cosa veramente fantastica. Napoli ci vuole bene e noi vogliamo bene ai napoletani. Del resto anche il titolo dello spettacolo tv, un omaggio a Mario Merola, lo dice chiaramente. C'è un affetto che ci ha commosso, a Napoli potremmo fare anche molte più repliche ma non abbiamo più date libere. Non abbiamo mai nascosto la nostra simpatia per la città e anche per la squadra di calcio».

Ma non eravate tifosi del Foggia?
«Noi siamo tifosi del Foggia e nostalgici di Zeman, ma gli azzurri sono i paladini della lotta all'egemonia del calcio nordista. È una sorta di riscatto sociale. E noi come sudisti doc ci sentiamo coinvolti. A volte ci si sente gli ultimi, anche ingiustificatamente. E allora quando ce la fa una squadra come il Napoli che non ha a che fare con quei potenti che ci vogliono far sembrare sbagliati... si festeggia fino all'inverosimile».

Che cosa vedrà il pubblico dell'Augusteo? Avete trasferito «Felicissima sera» sul palcoscenico?
«Il clima sarà quello. Poi ci saranno cose di repertorio che ci piacciono e che riproporremo, ma anche tante cose nuove scritte apposta per questa tournée. Noi siamo della vecchia parrocchia, abbiamo molto rispetto per chi scende da casa di sera per noi: deve cenare in fretta, sistemare i figli, trovare parcheggio e pagare un biglietto per venire a vederci. Siamo onorati della presenza di ogni singolo spettatore. Riguardo “Felicissima sera” ci sarà in comune la band dal vivo e l'atmosfera festosa, Gli ospiti non è facile programmarli, visto che è una tournèe di 40 date e saltando da una città all'altra. Ma qualcuno tenteremo di portarlo sul palco, a seconda delle città dove andremo. A Napoli per esempio crediamo sarà più semplice».

C'è da attendere l'invasione dei neomelodici che vi hanno fatto visita a Canale 5?
«Ne abbiamo avuti tanti, si. Kekko Dany, Rico Femiano, Nancy Coppola, Stefania Lay, Franco Staco, Jò Donatello, Gigione, Tommy Riccio, Mario Forte, Marco Calone, Anthony, Angelo Famao e forse dimentichiamo qualcuno. Ma quel mondo ci diverte e ci affascina. I loro testi spesso usano parole che non trovi in altre canzoni, ci sono i doppi sensi. E poi hanno tanto seguito, quindi vanno rispettati».

Sarete più «cattivi» rispetto alla versione tv?
«Beh si, sicuramente. Non ci sono tanti limiti dal vivo, quindi ci scateneremo che è poi ciò che il nostro pubblico chiede. Noi tentiamo di essere sempre noi stessi, ma in tv stiamo un attimo più attenti. Nonostante ciò due anni fa ci fu quella polemica sull'uso delle parole: negro, ebreo, ricchione. Ma accadde in un certo periodo e fu strumentalizzato dalla politica».

In che senso?
«Molti di quelli del mondo politico che ci attaccarono, non avevano neanche visto il pezzo. La censura sulla satira e sulla comicità è assurda. Noi siamo volutamente qualunquisti, eccessivi, dissacranti. Ma è show. Fuori dal palco siamo persone sensibili. Il fatto è che se ti standardizzi non fai più ridere. Gi stand up comedian a volte ci fanno tristezza. Perché scimmiottano un modo di far ridere che è tutto americano, che non c'entra nulla con il nostro Dna. È come vedere la Nba e poi vedere la serie C di basket nostrana».

Intanto siete esplosi anche al cinema con «Belli ciao».
«E ora faremo il bis, perché a Natale esce un altro nostro film, “Come può uno scoglio”, con tante scene che abbiamo voluto girare anche a Napoli. È un road movie tra Veneto, Puglia e Campania e vi garantiamo che ci si divertirà parecchio». 

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