Trudie Styler, ode a Napoli: «Città dell'accoglienza»

«Scoprire quartieri come la Sanità, dove esiste ancora uno spirito di comunità, mi ha dato tanto calore»

Clementino, Trudie Styler, Sting, Francesco Di Leva e don Antonio Loffredo sul red carpet di Roma
Clementino, Trudie Styler, Sting, Francesco Di Leva e don Antonio Loffredo sul red carpet di Roma
di Francesca Bellino
Martedì 24 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 16:10
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«Napoli è una città che non chiude la porta in faccia a nessuno, se ti perdi incontri sempre qualcuno che ti porta a destinazione e ti offre anche un caffè». Trudie Styler è entusiasta di aver scoperto «l'umanità di Napoli» e di averla potuta raccontare nel documentario «Posso entrare? An ode to Naples» presentato ieri alla Festa di Roma. «Ho trascorso due anni di scoperta», racconta: «Chi vive a New York non guarda più chi ha accanto. Vive come treni ad alta velocità, non si ferma mai e si sente solo. Scoprire quartieri come la Sanità, dove esiste ancora uno spirito di comunità, mi ha dato tanto calore».

«Per molti anni ho solo attraversato Napoli per andare a Ischia, a Capri o in costiera amalfitana», ha confessato la regista e produttrice britannica: «Ci sono passata spesso e mai entrata, forse temevo fosse fosse pulita o sicura.

Invece è affascinante e generosa. È come la grotta di Alì Baba: tutto è da scoprire e tutto è bello. Ho chiesto il permesso per entrare nella città e mi sono lasciata guidare dagli incontri. Ho lavorato senza sceneggiatura, avevo una tela bianca davanti a me».

Trudie è entrata a Napoli da «straniera» e si è mossa, tra luci e ombre, splendori e miserie, sulle tracce delle storie di chi la città non ha voluto lasciarla, anzi è rimasto per provare a cambiarla in meglio. Ha cercato la Napoli che resiste ai problemi, alla camorra, alla condanna alla nostalgia, incontrando, tra gli altri, don Antonio Loffredo, Francesco Di Leva, Jorit, Roberto Saviano, ma anche i castagnari Gennaro e Immacolatina, le donne dell'associazione Le Forti Guerriere che lottano per vendicare in sede di giustizia la morte di Fortuna Bellisario maltrattata e uccisa dal marito. E, ancora: Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo freddata da un proiettile vagante, e Antonio Amoretti, partigiano delle Quattro Giornate di Napoli, poi scomparso l'anno scorso. Si è lasciata guidare dalla curiosità e per aprire il documentario ha chiesto a Clementino una canzone in rima. «Riesci a condensare tremila anni di storia in tre minuti?», ha chiesto al rapper ed è nato «Neapolis», un brano riassume la storia della città dalla fondazione a oggi, usato come incipit del viaggio al termine della città porosa, arricchito dai filmati d'epoca dell'Istituto Luce, dalla fotografia di Dante Spinotti e da tanta musica di repertorio, da Camillo De Nardis a Sergio Bruni, da Wagner a Pino Daniele. Clementino, onorato del compito affidatogli, ricorda che «Neapolis è stata il 21 dicembre, lo stesso giorno in cui sono nato io!. Io all'epoca, era il 475 avanti Cristo, non c'ero, però».

Nel documentario compare anche Sting con il quale Trudie condivide la vita dal 1992 e quattro figli. Lo vediamo, su invito di don Loffredo, nel cortile del carcere di Secondigliano suonare per i detenuti una chitarra da loro costruita con i legni dei barconi dei migranti.

Produzione Big Sur, Mad Entertainment con Rai Cinema in coproduzione con Luce Cinecittà - che distribuisce nelle sale - il film è prodotto da Luciano Stella, Maria Carolina Terzi, Lorenza Stella, Carlo Stella, con il sostegno della Regione Campania e della Film Commission campana e sarà presentato domani a Napoli al cinema The Space. 

 

«Trudie si è immersa nella città e ne ha colto l'anima», sottolinea Luciano Stella. «Finalmente facciamo raccontare la Napoli da chi viene da fuori», commenta Francesco Di Leva: «Noi che ci siamo nati quando lo facciamo siamo sempre molto retorici». «Napoli non è solo camorra, spaccio, violenza», conclude la regista: «È arte e musica e l'esperienza dell'orchestra di bambini Sanitansamble che ascolterete alla fine ne è un'altra prova». 

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