Ferzan Ozpetek alla festa del cinema di Roma con Nuovo Olimpo: «Parlo di me e torno agli anni ‘70»

Al centro della storia due ragazzi a Roma tra lotte studentesche e sogni di gloria

Ferzan Ozpetek tra Paola Malanga e Gian Luca Farinelli
Ferzan Ozpetek tra Paola Malanga e Gian Luca Farinelli
di Titta Fiore
Lunedì 23 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 24 Ottobre, 07:28
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L'amore che strappa i capelli e l'amore per il cinema s'intrecciano appassionatamente in «Nuovo Olimpo», il film di Ferzan Ozpetek passato ieri in anteprima alla Festa di Roma e dal primo novembre in esclusiva su Netflix. Un film che chiude un cerchio e segna una svolta, dice sornione il regista che sa raccontare come pochi la potenza struggente dei sentimenti: «È come se mettessi il punto e girassi pagina. Vedrete cosa combinerò». 

Al centro della storia, per molti versi autobiografica, due ragazzi a Roma alla fine degli anni Settanta, tra lotte studentesche e sogni di gloria.

Enea è un aspirante regista, Pietro studia medicina. Sono giovani, belli e vogliono cambiare il mondo. Si incontrano per caso in un cinema che proietta film d'essai, il Nuovo Olimpo del titolo, si rivedono in una bella casa con vista sui Fori Imperiali, si innamorano perdutamente. Un incidente di percorso li separa, le vite cambiano. Uno diventa un regista di grido, l'altro un affermato chirurgo. Hanno chi un compagno, chi una moglie. Ma tutt'e due, per trent'anni, inseguono la speranza di incontrarsi ancora. 

«Sono partito da una storia vera che mi è successa in quell'epoca» racconta Ozpetek, «pensavo da anni di usarla come spunto di un film e per girarla ho anche rifiutato un progetto importantissimo. Dentro ci sono tante cose della mia vita. Non tutto, ma quasi». È stato difficile? «Ero preoccupato all'idea di rappresentare gli anni Settanta, quell'Italia che ho amato e scelto, mi chiedevo come avrei fatto a ricreare i luoghi e quel tipo di cinema. Inoltre, per quanto tutto sia in qualche modo autobiografico, non ero mai stato così diretto e pensavo che circoscrivere le dinamiche nei confini di una love story sarebbe stato limitante. Iniziando a lavorarci con Gianni Romoli mi sono accorto però che la storia si allargava e dilagava verso altri temi che non riguardavano soltanto me. Non raccontava solo un amore attraverso il tempo, ma anche la memoria del desiderio e della passione».

Il ricordo si accompagna anche al rimpianto di un'occasione perduta? «Se non avessi perso quell'amore oggi non avrei Simone nella mia vita, quindi nessun rimpianto, non è andata male. Siamo insieme da ventitré anni, lui è il mio punto fermo».

Enea è Damiano Gavino, Pietro Andrea Di Luigi. La loro passione travolgente è raccontata dal regista italo-turco anche con scene forti. «Non temo polemiche, oggi non c'è film o serie senza due dello stesso sesso che si baciano, è normale. La verità è che io sono sempre stato in anticipo sui tempi, come mi disse un importante critico americano all'epoca del Bagno turco e Le fate ignoranti. Nei miei film mostro persone, senza censure e barriere di genere. E sogno un mondo dove tutti siano liberi e le distinzioni tra omo e etero non esistano più».

Nel ricco cast, con Alvise Rigo nei panni del compagno di Enea, Luisa Ranieri pettinata e truccata come Mina è l'accogliente e malinconica cassiera del Nuovo Olimpo, Greta Scarano la moglie di Pietro, Aurora Giovinazzo l'amica di una vita. «Mi piace la sensibilità delle donne» commenta il regista «in tempi così difficili per le relazioni interpersonali mi accorgo di avere con loro una sintonia sempre po forte».

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Com'era l'Italia degli anni Settanta dove arrivò da ragazzo? «Il paese usciva dal 68, c'era una grande sete di libertà, tutti volevano vivere, ribellarsi, conoscere e anche il sesso era libero, nella mia vita si mescolavano amiche e amici». E oggi? «Oggi la gente ha paura della contaminazione, teme di perdere la propria identità. Invece non bisogna temere le aperture, tra una decina di anni rischiamo di essere noi a dover andare a prendere in migranti in Africa, perché siamo un paese di vecchi e avremo bisogno di manodopera».

Sui titoli di coda di «Nuovo Olimpo» anche l'inedita «Povero amore» di Mina, legata al regista da una grande amicizia. Ha visto il film, cosa le ha detto? «Mi ha mandato un messaggio: Che Dio ti benedica». Per la prima volta un suo lavoro passerà solo su Netflix: «Mi piace l'idea di arrivare nelle case di 190 paesi, è una novità stimolante. Con Netflix mi sono trovato benissimo, ho avuto libertà e mezzi. La sala significa condivisione e resta importante, ma se un film mi incuriosisce lo vedo anche sul telefonino». 

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