Paola Cortellesi alla Festa del cinema di Roma: «Il mio omaggio alle invisibili che hanno fatto l'Italia»

«L'idea del film viene da lontano, dal desiderio di raccontare le storie che sentivo in casa dalle nonne, dai miei genitori, dalle zie»

Paola Cortellesi alla Festa del cinema di Roma
Paola Cortellesi alla Festa del cinema di Roma
di Titta Fiore
Giovedì 19 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 20 Ottobre, 07:25
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Uno schiaffo in faccia, appena sveglia, per farle capire chi comanda in casa. La giornata di Delia, moglie e madre di tre figli nella Roma in bianco e nero del dopoguerra, alla vigilia del referendum tra monarchia e repubblica, comincia così ed è senza speranza, accanto a un uomo violento e ottuso, nel sorprendente film d'esordio nella regia di Paola Cortellesi, «C'è ancora domani», che ha aperto ieri tra gli applausi la Festa del cinema di Roma. «C'era questa immagine forte dentro di me, di lei che prende le botte e poi si alza, come se nulla fosse, e inizia le solite cose come una Cenerentola qualsiasi» dice la neoregista. «Il film che ho immaginato e che ho scritto con Giulia Calenda e Furio Andreotti doveva raccontare queste donne che hanno costruito il tessuto sociale del nostro paese nell'oscurità, senza essere considerate da nessuno e che nessuno ha mai ringraziato». Delia è la stessa Cortellesi, il marito padrone Valerio Mastandrea, il suocero canaglia e cravattaro che consiglia al figlio di «non picchiarla sempre, una volta ogni tanto ma forte, sennò si abitua» è Giorgio Colangeli, Emanuela Finelli è l'unica amica della protagonista, mentre Vinicio Marchioni è il suo primo amore, un meccanico alla poveri ma belli che non si dà pace per averla perduta. Delia si rompe la schiena facendo mille lavori, la pagano meno degli uomini e le sembra normale, accetta la vita grama che le è toccata sperando solo che un buon matrimonio risparmi all'adorata figlia Marcella la sorte infame che è toccata a lei. L'arrivo di una lettera misteriosa a suo nome, però, le darà il coraggio per rovesciare i piani del destino e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.

«L'idea del film viene da lontano, dal desiderio di raccontare le storie che sentivo in casa dalle nonne, dai miei genitori, dalle zie» continua Cortellesi. «In quelle storie c'erano le gioie e i dolori delle vite che avevano incrociato tra i parenti, i vicini casa, le comari del cortile.

Storie drammatiche, ma anche divertenti, paradossali, sulla disillusione delle donne che avevano accettato mille prevaricazioni senza porsi domande. Penso a mia nonna, una persona eccezionale, forse non erudita ma piena di saggezza, capace di grandi consigli che però concludeva sempre i suoi discorsi con un ma che capisco io, svilendosi per prima».

In «C'è ancora domani» niente è autobiografico, commenta l'attrice e regista, ma tanto sono i rimandi alla contemporaneità. «Certi ruoli maschili erano così ottant'anni fa e così sono rimasti, il problema è culturale. Nella psicologia di un abuso domestico svilire, isolare, denigrare una donna sono i primi segni della violenza». La scrittura oscilla tra dramma e commedia: «In fondo è il linguaggio che conosco meglio. Ci siamo chiesti quanto potevamo spingere sul registro dell'ironia, poi abbiamo deciso di trattare il tema della violenza domestica come qualcosa di ordinario e le cose che accadono quotidianamente non hanno un solo colore». Singolare la scelta di rappresentare il momento delle botte come una coreografia, perché? «Perché non c'era bisogno di mostrare schiaffi e lividi per esibire il dolore, l'iperrealismo voyeristico non mi interessava in un momento così pieno di femminicidi. La violenza doveva essere fisica e psicologica, una sopraffazione che lei accetta ogni giorno. Delia chiude gli occhi e fa finta di niente, il livido c'è ma poi scompare, riparte il balletto, ed è questa la cosa più grave».

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«C'è ancora domani», prodotto da Wildside del gruppo Fremantle e distribuito da Vision in 500 copie dal 26 ottobre, è girato in un suggestivo bianco e nero «perché immaginavo così i racconti dei nostri vecchi e anche perché sono stata influenzata dal neorealismo rosa di quegli anni, non possiamo prescindere da quel mondo». Ha mai pensato ad Anna Magnani? «Certo, lei è nei nostri occhi, ci muovevamo in una Roma che poteva essere la sua». Farà un altro film da regista? «Lo farei subito, anzi passerei direttamente al terzo. Ricomincerei da tre, aveva ragione il grandissimo Troisi». 

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