Venezia 80, Woody Allen fa 50: «Un nuovo film su New York? L'idea è pronta»

La protesta delle femministe sul red carpet al grido di «Spegnete i riflettori sugli stupratori»

Bechet Allen, Manzie Tio Allen, Woody Allen e Soon-Yi Previn sul red carpet
Bechet Allen, Manzie Tio Allen, Woody Allen e Soon-Yi Previn sul red carpet
di Titta Fiore
Martedì 5 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 6 Settembre, 14:29
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L'applauso più caldo della Mostra è per Woody Allen, che a quasi 88 anni ha la vitalità di un giovane autore e ancora il gusto di mettersi alla prova in una nuova lingua, il francese, mantenendo intatta l'acutezza della sua scrittura e perfetti i tempi brillanti. Ma per il regista scatta anche una clamorosa protesta di un gruppo di femministe sul red carpet al grido di «Spegnete i riflettori sugli stupratori».

«Coup de chance» (Colpo di fortuna), incomprensibilmente snobbato dal Festival di Cannes, è un piccolo gioiello sui capricci del caso che governano le nostre vite e sull'inutilità di fare progetti a lunga scadenza. «Un film poliziesco», lo ha definito il regista, «una storia di crimine e punizione» sulla scia di «Match Point», «con una dose di romanticismo, ovviamente».

Al centro di tutto una coppia in apparenza ideale, Fanny (Lou de Laâge) e Jean (Melvil Poupard), con una casa meravigliosa a Parigi. Lei si occupa d'arte, lui «di fare i ricchi ancora più ricchi» gestendo i loro patrimoni. («Quello che fai è legale? Più o meno». «Sono troppo sexy con questo vestito? Non si è mai troppo sexy o troppo ricchi», tanto per farsi un'idea dell'ambiente).

Un giorno lei incontra un vecchio compagno di liceo, Alain (Niels Schneider) e perde la testa, il marito sospetta il tradimento e le mette alle calcagna un investigatore privato, la suocera perspicace mangia la foglia cacciandosi senza volerlo in guai seri. Ma il caso, o la fortuna, o le coincidenze, cambieranno il corso degli avvenimenti. E Allen, che rapporto ha con il caso, come gli è andata la vita? «Io posso dire di essere stato sempre molto fortunato. Ho avuto genitori che mi amavano, tanti amici, una vita bellissima, un matrimonio meraviglioso, figli, tra poco compirò 88 anni e non sono mai andato in ospedale, nulla di terribile mi è mai successo, quindi mi è andata bene, molto bene». Anche sul sul lavoro? «Certo. Quando ho cominciato a girare i film tutti hanno enfatizzato le cose riuscite, senza ritenermi responsabile delle altre, sono stati molto generosi con me, ho avuto rispetto e attenzioni. Almeno fino ad oggi. Ma è appena pomeriggio, quindi chissà...».

«Coup de chance», presentato in prima mondiale fuori concorso e nelle nostre sale a dicembre con Lucky Red, è il cinquantesimo film del grande regista di «Manhattan», perché girarlo in Francia e in francese? «Quando ero giovane i film che mi colpivano di più erano francesi, italiani, tedeschi, inglesi, francesi. Ho ammirato tanto Truffaut, Renoir, Godard... Noi registi alle prime armi volevamo fare film come gli europei, io ci ho provato in tutta la vita e con questo mi sono sentito un regista genuinamente europeo. Anche se non parlavo la lingua». Sul set è stato difficile? «Dal linguaggio del corpo riuscivo a capire se gli attori erano realistici e se trasmettevano le emozioni. Non mi sono preoccupato, si tratta di attori eccellenti che conoscevano il copione e memoria, a quel punto il film non era più nelle mie mani, e poi le luci di Storaro hanno fatto il resto, Vittorio riesce sempre a farmi sentire un eroe».

A «Variety» Woody aveva fatto balenare l'idea che «Coup de chance» potesse essere il suo ultimo film per le difficoltà di trovare i finanaziamenti («le idee sono tante, ma non so se ho la verve per passare molto tempo a raccogliere fondi»). Nonostante sia stato assolto in due processi, negli Stati Uniti le accuse di sua figlia Dylan su presunti e mai provati abusi sessuali continuano a pesare. Ma ieri alla Mostra Allen è stato di tutt'altro avviso: «Ho un'idea straordinaria per un film a New York, se qualche folle volesse finanziare il nuovo progetto accettando le mie regole, ovvero che non si può leggere la sceneggiatura, allora lo farei molto volentieri. Se dovessi avere un'idea buona per l'Italia o la Germania potrei considerarla. In Francia l'esperienza è stata così bella che potrei prendere in esame anche altre proposte». Negli anni com'è cambiato il suo modo di scrivere? «Nella sostanza non è cambiato: mi alzo la mattina, faccio colazione, mi sdraio a letto e comincio a buttare giù delle idee. Le migliori le trascrivo. È come guidare un'auto: quando hai imparato non lo dimentichi più».

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In «Coup de chance» tengono banco adulterio, omicidio e trionfo del caso, proprio come nel classico «Le regole del gioco» di Renoir: «Non ci avevo pensato, in realtà questi temi fanno parte della drammaturgia classica, sono ricorrenti ed è inevitabile». La fascinazione della morte, invece, è un'idea che condivide con l'amato Ingmar Bergman: «Contro la morte non c'è nulla da fare, è una brutta cosa che esiste e ce la dobbiamo tenere. Non c'è via di fuga, possiamo solo distrarci e non pensarci più». 

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