24 Grana, la reunion: «Chiamata alle arti, il fuoco brucia ancora»

24 Grana, la reunion: «Chiamata alle arti, il fuoco brucia ancora»
di Federico Vacalebre
Venerdì 25 Marzo 2022, 10:30
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«Cerchiamo qualcuno a raccolta/ Le mani sul fuoco non bruciano più/ A vote si tenimmo sciorta/ truvammo na strada sicura»

La prima canzone dei 24 Grana, «Regina», mi arrivò sotto forma di cassettina, di demotape. Eravamo a metà degli anni Novanta, la band aveva vinto un contest e quel brano mi sembrò continuare ed aggiornare il suono newpolitano stabilito in quel decennio da 99 Posse ed Almamegretta, al punto di suggerirla ai suoi futuri (ed attuali) discografici: dietro la punta dell'iceberg dell'incontro tra radici ed ali, tradizione e contaminazione, Napoli e resto del mondo, melodia e rap/reggae c'era un gran bel movimento di cui il gruppo rappresentava la promessa più importante. Promessa mantenuta, come ricorda «A raccolta», in uscita oggi per La Canzonetta, che è molto più di un'antologia.

«È una vera reunion, dove ci porterà non lo sappiamo.

L'ultimo tour insieme risale al 2013, credo. Sono passati gli anni, ognuno di noi ha fatto la sua strada, poi ci siamo accorti che le mani sul fuoco non bruciavano più, che le incomprensioni scomparivano di fronte alla confidenza ritrovata: riaccesi gli amplificatori tornava il sound, tornavamo noi», racconta Francesco Di Bella, frontman del gruppo pronto a tornare nella sua line up originale, con Armando Cotugno al basso, Renato Minale alla batteria e Giuseppe Fontanella alla chitarra. L'album, pubblicato in digitale e in vinile, è un viaggio in un canzoniere prezioso, dalla cover di «'O cardillo» a perle come «Vesto sempre uguale», «Stai-mai-cca'», «La costanza», «Kanzone doce», «Canto pe' non suffre'», «Accideme»: dub e new wave si (con)fondono, il rock torna underground e guarda al grido del punk con una veracità estrema, anche a prescindere dall'uso del dialetto, non a caso la tribù che balla(va) nel centro storico, e nei centri sociali di mezza Italia, elesse quei brani a inni generazionali.

L'unico inedito, il brano che dà il titolo al disco, detta la linea: la chitarra iniziale dal sapore neilyounghiano, la voce del cardillo addolorato Di Bella, la strofa iniziale ci riportano lì dove tutto era iniziato, ma poi il ritornello sorprende («Nun se po' maje sape'/ comme va o nun va/ Pe' chesto amma vedè dint' o scuro/ qualcuno già ci ascolta/ anche stavolta/ a raccolta»), prima che si levi il ciclone Clementino: «O sanghe è l'inchiostro/ co' beat che chiava capate/ se chiudo ll'uocchie bro/ po' veco na nave che parte».

Chissà se quella nave è «La stessa barca», titolo dell'ultimo album del gruppo, del 2011, registrato a Chicago negli Electrical Audio Studios di Steve Albini. «Il pezzo l'abbiamo registrato a Londra, dove vive Armando, il bassista. Su quell'ultimo disco lui non c'era, abbiamo provato in tre, ma... rieccoci tutti e quattro, dentro i mitici Abbey Road Studios, con in aggiunta il flow di Clementino, un nostro fan oltre che un grande artista. Ripartiamo con una canzone che è una chiamata a raccolta, che racconta quello che siamo e quello che potremmo essere. Ho cinquant'anni, ma non mi sento un dinosauro, ho fatto dischi solisti, ai miei concerti oltre a chi è cresciuto con i 24 Grana vengono ragazzini, trapper, che chiedono della band. Torniamo dal vivo, il tour parte il 4 aprile da Perugia, per chiudersi il 15 alla Casa della Musica. La chiamata a raccolta, la chiamata alle arti è partita». Ci sarà un futuro per i 24 Grana? «Armando insegna informatica a Londra, chissà. Ce lo dirà solo il palco». Insomma, almeno per un po' i 24 Grana sono tornati. Ci vediamo sotto il palco.

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