Vincio Capossela: «Dieci anni di Sponz, un elogio della follia»

Riecco il festival dell'Alta Irpinia

Vincio Capossela
Vincio Capossela
di Federico Vacalebre
Venerdì 18 Agosto 2023, 11:45
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Era il 28 agosto 2013 quando tutto iniziò, a Calitri, paese natio di papà Vito.
Sono passati 10 anni, siamo all'undicesima edizione dello «Sponz fest», che nel frattempo si è allargato ad altri paesi dell'alta Irpinia, compresa Andretta, dov'è nata invece mamma Antonietta.

Avresti scommesso su una simile riuscita, Vinicio Capossela?
«Non ci pensavo proprio, l'inizio fu carbonaro, con l'aiuto della Pro Loco e di complici entusiasti».

E dieci anni dopo?
«Abbiamo riacceso la luce su una zona, rimesso i nomi di alcuni borghi sulle cartine geografiche, almeno quelle sentimentali.

Fatto musica non omologata ma divertente, con anziani maestri e giovani scatenati. Ballato fino a sponzarci come il baccalà. Discusso di temi importanti».

E creato un indotto per il Calitrishire?
«Ci sono studi interessanti su questo, ma chi viene qui - quest'anno abbiamo attrezzato una bella zona di campeggio - ha sempre il problema del viaggio, ma soprattutto dell'accoglienza. Non può sperare di trovare un B&B in rete sulle solite piattaforme, anche se ci sono tante case abbandonate».

Veniamo al programma messo in piedi dal 20 al 27 agosto tra Calitri e Andretta, Aquilonia e Sant'Andrea di Conza. Tema «Li pacci».
«Sarà un elogio della follia come fuga dalla normalità. Il problema non sono i diversi, ma i normali e le norme di cui siamo prigionieri senza che esse lavorino davvero per noi. Festeggeremo come li pacci, ci sponzeremo come li pacci, celebreremo l'anniversario, ma anche il decennale del primo disco della Banda della Posta, non a caso ristampato».

Come al solito il cartellone è ricchissimo, una sorta di caos organizzato.
«Non mi piacciono i festival, questa resta un'esperienza comunitaria, ci vieni apposta. C'è la musica certo, a farla da padrone, ma anche performance, gli incontri della Libera università per ripetenti, Ermanno Cavazzoni con cui potrò discutere della mia nuova passione per l'Ariosto, Nino Frassica che con Los Plaggers applica il suo mondo surreale anche alla musica, Nichi Vendola, Marco Rovelli... Vogliamo parlare anche dello sviluppo possibile delle zone interne, di uno sviluppo che non ne preveda la devastazione. Il tema della follia ci spingerà a dibattere di disagio psichico, a ricordare il lavoro di Sergio Piro...».

Ci penserà il «Padiglione Irpinia» di tua sorella Mariangela, fedele alla scelta dell'arte partecipata che aveva portato a Calitri anche Michela Murgia?
«Sarà un affaccio sul disagio mentale, un omaggio allo psichiatra campano che introdusse nello spazio ospedaliero un luogo di socializzazione e ricreazione. Oggi il disagio mentale è curato perlopiù nelle carceri, senza nemmeno strutture attrezzate. Stiamo facendo enormi passi indietro».

Dicevi della musica.
«Tanta, diversa da quella che si ascolta di solito. Non puoi parlare di follia senza gli Skiantos: anche se non c'è più il nostro poeta demenziale preferito, Freak Antony, la band di Dandy Bestia è strepitosa. Ci farà la grazia della sua presenza il "loco" del tango rock argentino Daniel Melingo, tornerà Micah P. Hinson, avremo Ray Gelato & The Giants per ricordare al meglio possibile il mondo di Lou Prima, i Tarantati Rotanti per ricordare Antonio Infantino. E gli eroi locali: il Trio Ristoccia, i Violini di Santa Vittoria, A Cun'versazion, Tonuccio Corona, Cicc' Bennett...».

Clou a Calitri, con il tuo ormai tradizionale concertone, il 26 agosto.
«Ho in mente almeno tre set. Uno dedicato al mio ultimo disco, "Tredici canzoni urgenti", uno dedicato alla Banda della Posta e uno ai vent'anni dall'inizio delle registrazioni delle "Canzoni della cupa". In quello che abbiamo ribattezzato "Rolling sponz revue" ci saranno Margherita Vicario, Paolo Rossi, Daniel Melingo, Samuele Bersani, il ritorno del mago punk burlesque losangelino Christopher Wonder...».

Questi primi dieci anni sono raccontati anche da un libro in uscita.
«Titolo Come li pacci, pubblica Baldini+Castoldi, raccoglie un sacco di testimonianze, di racconti, di fotografie».

Robe da pacci, insomma.
«Proprio così».

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