Geolier al Palapartenope, quattro sold out e un disco con Luchè

Geolier è un fenomeno, magari non è ancora un animale da palcoscenico, ma ha empatia e naturalezza

Geolier al Palapartenope con Luchè
Geolier al Palapartenope con Luchè
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Venerdì 21 Aprile 2023, 11:00
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I quattro sold out di Geolier al Palapartenope (dopo le prime due date si replica domani e domenica) vogliono dire 24.000 persone. E, almeno dal responso della serata del debutto, quelle 24.000 persone conoscono a memoria il repertorio del golden boy del rap newpolitano, scandiscono a memoria i suoi versi, accompagnano le rime con i gesti che fa lui.

Da parte sua, Emanuele Palumbo, 23 anni, quasi non crede ai suoi occhi: è solo sul palco immenso, dietro lo schermo Poison Beatz comanda le macchine ed il ritmo, che a tratti è spietato nel ping pong di rime assassine che partono dal palco per essere rilanciate dalla platea.

Il ragazzo parla poco, ogni tanto torna dietro le quinte per un cambio di look, rifiatare e far rifiatare il pubblico, ferma più volte lo show per distribuire bottigliette d'acqua a chi ne ha bisogno, stremato dall'attesa: le prime file fuori alla struttura di Fuorigrotta si sono viste all'alba. 

«Ricchezza» e «Poco troppo» segnano un avvio concerto all'insegna dell'ultimo album, «Il coraggio dei bambini», primo in classifica tra primo e secondo atto. Il coraggio di Geolier è quello di un ragazzino che ha usato il rap come arma di liberazione dalle pastoie di una periferia («Pe' Secondigliano» è accolta da un'ovazione) che può essere Gomorra, ma non solo. Il suo dialetto newpolitano, ormai argomento di dibattiti e seminari colti, ha conquistato l'Italia, anche se non tutti a Napoli lo capiscono. E lui lo divide con i fratelli che salgono in scena al suo fianco: mercoledì è toccato a Lele Blade, a Mv Killa e ad un esplosivo Luchè. Il loro set è una lezione di hip hop verace e da classifica, alla fine arriva anche la notizia bomba: «Stiamo lavorando ad un disco insieme», urla entusiasta Emanuele. «È vero, abbiamo iniziato le registrazioni, poco importa che l'annuncio non sia stato ufficiale, è bello godersi l'affetto di un pubblico simile», conferma appena sceso dallo stage l'ex Co'Sang.

«M vulev fa ruoss», «I am», «Na catena», «Chiagne», «Napoletano» (e sullo schermo passano i volti di concittadini illustri, da Mario Merola a Massimo Troisi, da Nino D'Angelo a Eduardo), «M manc», «Soldati», «Il male che mi fai», «Money», «Give you my love»... Le canzoni d'amore non cozzano con quelle di strada, che sono spietate, davvero megafono del ghetto, come si diceva al primo apparire del linguaggio del rap: «Pe papà, pe mammà, pe me stesso/ pe fratemo e sorema int'à lietto/ pe tutt''e cose c''o tiempo m'ha perzo/ Pe mammà, pe papà/ pe sapè che ce sta adoppo a bara, a preghiera e na messa/ mammà veglia da addret'à fenesta/ papà veglia chiuso int'à silenzio (yeah)». 

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Geolier è un fenomeno, magari non è ancora un animale da palcoscenico, ma ha una spontanea empatia, una naturalezza che gli permette una straordinaria comunione con il suo pubblico. Non appare distante da chi lo applaude e gli urla «ti amo», appartiene a loro, fino a ieri era in mezzo a loro. E non ha intenzione, almeno a vederlo adesso, di tradirli: «So' cagnato, è cagnata sultanto a potenza economica», rappa parlando di se stesso, come fa sempre.

I messaggi di street credibility, anche quelli più spacconi, vengono stemperati dall'arma dell'ironia, gli ospiti ripropongono i loro «feat» felici del successo dell'amico. A proposito: cambiano ogni sera (ieri si è visto anche Neves), si sussurra che l'ultima replica sia di quelle da non perdere. 

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