La Canzonetta rilancia dopo centovent'anni

Un'antologia per cantaNapoli

La Canzonetta
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Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Domenica 17 Marzo 2024, 09:42 - Ultimo agg. 18 Marzo, 07:34
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C'è una celebrazione ed una dedica dietro un disco, in vinile perdipiù, così inatteso come «Antologia della canzone napoletana - Neapolitan songs», appena pubblicato da La Canzonetta: la celebrazione è quella per i 120 anni della casa editrice musicale, la dedica è a Franco Fedele, per mezzo secolo amministratore unico di quella che resta, anche dopo la sua scomparsa nel 2021, una delle ultime trincee di cantaNapoli.

Più del contenuto (che attinge soprattutto al catalogo discografico della Phonotype records, altra griffe storica della melodia partenopea napoletana) conta l'operazione in sè, una vera dichiarazione della nuova generazione rappresentata da Mario Fedele e Massimiliano Di Martino che ha deciso di continuare, nonostante i tempi poco propizi, una storia antica e prestigiosa.
Per essere chiari: il panda sta al Wwf come La Canzonetta al piccolo mondo antico della canzone partenopea, sempre più a rischio di estinzione.

Francesco Feola, impiegato nelle ferrovie e poeta, dopo le prime esperienze nel 1901, fondò la casa editrice nel 1904, poi l'interesse riscosso lo spinse a scritturare un autore del calibro di Giuseppe Capolongo, con cui fu inaugurata la sede di via Rossaroll. I fascicoli di Piedigrotta portarono i primi successi, le audizioni di Piedigrotta quelli destinati a restare grazie a firme di poeti e musicisti di assoluto valore: Rodolfo Falvo, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Libero Bovio, Ernesto Murolo, Carlo De Flaviis, Adolfo Genise, Giuseppe Irace, Alessandro Cassese, Raffaele Segrè, E. A. Mario, Antonio Barbieri e, ovviamente, Giuseppe Capolongo.

La gestione di direttori artistici come Gennaro Rainone, Carlo De Flaviis, Rocco Galdieri, lo stesso Bovio, Gaetano Lama e Gigi Pisano portarono al lancio di perle come «Indifferentemente», «'Na sera e maggio», «Munasterio e Santa Chiara», «Ciccio Formaggio», «Malafemmena», «Tu ca nu chiagne», «'A sunnambula», «Tutta pe' mme», «N'accordo in fa», «Fresca fresca», «Mazza pezza e pizzo», «Agata», «Simmo e Napule paisa'», che hanno fatto la storia di cantaNapoli negli anni della fine dell'epoca d'ora e dell'inizio della crisi. Ma, a differenza delle altre sigle editoriali dell'epoca, la Canzonetta non chiuse alla prima difficoltà, e nemmeno alla seconda, e nemmeno quando la canzone napoletana morì per autoprocurato aborto negli anni truffaldini e decadenti (ma non senza perle) del Festival di Napoli. Anzi, negli anni Ottanta proprio Franco Fedele, rilanciò, creando l'etichetta discografica Sintesi 3000 e iniziò a puntare sulle nuove leve, a partire dalla prima, e unica, compilation della Vesuwave, «Live at the Blue Angel», per continuare con Walhalla, Peppe Barra (che vinse il Premio Tenco nel 1993 con «Mo' vene»), James Senese, Nino Buonocore, i 24 Grana (e Francesco Di Bella da solista) sino a Giovanni Block e le compilation «Napoli sound system» alla ricerca del suono che verrà.

La nuova «Antologia della canzone napoletana» riparte dai successi del canzoniere di casa, presi in prestito da incisioni in vinile con le voci dei compianti Mirna Doris, Antonio Sorrentino e Tony Astarita, ma anche di Angela Luce, Tonino Apicella, Mario Maglione, con l'aggiunta di registrazioni inedite degli epigoni muroliani Gianni Pellella ed Enzo Altieri. Un'operazione insieme semplice e controcorrente, perché se la techno berlinese è appena stata dichiarata patrimonio immateriale dell'Unesco, cantaNapoli non è nemmeno riuscita ad aprire un dossier a proprio nome, ridotta a un paese per vecchi da decessi, malattie, sconfitte e conservatorismi dilaganti. Mario Fedele, che ha raccolto il testimone, e la sfida, dal padre, sembra voler dire con questo disco, appena presentato alla Feltrinelli di piazza dei Martiri: «Noi ci siamo, non molliamo». Ed è una buona notizia, come la vivacità fatta registrare negli ultimi tempi dalla Fondazione Bideri, che gestisce il patrimonio di un'altra gloriosa casa editrice, quella di «'O sole mio» per fare un solo titolo.

Nella città dove non esiste un museo della canzone napoletana, dove non esiste una casa della canzone napoletana, dove non esiste una scuola della canzone napoletana, dove al conservatorio non esiste una cattedra di canzone napoletana, ogni spunto in direzione ostinata e contraria è un tentativo di uscire da uno stallo colpevole e pericoloso.
 

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