CantaNapoli, la canzone napoletana sotto l'albero da Caruso a De Crescenzo

Da Laura Valente a Federico Vacalebre, consigli utili per le strenne di Natale

Eduardo De Crescenzo
Eduardo De Crescenzo
di Rossella Rusciano
Sabato 23 Dicembre 2023, 09:00 - Ultimo agg. 24 Dicembre, 10:01
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Mentre si moltiplicano gli appelli perché l'Unesco riconosca la canzone napoletana tra i beni immateriali dell'umanità, arrivano in libreria dei titoli che possono essere suggeriti a chi cerca ancora un regalo natalizio in extremis, ma, soprattutto, segnalano un approfondimenti degli studi nel settore, per troppi decenni affidati a narrazioni stereotipate, oleografiche, in stile «una canzone, un fattariello».

Di ben altro genere, per esempio è il racconto di Enrico Caruso da icona a mito, in qualche modo catalogo (per Marsilio Arte) del museo dedicato al tenorissimo nel palazzo reale di Napoli, ma assolutamente fruibile anche senza averci messo piede, cosa che, però, i melomani dovrebbero fare al più presto. Alla sua morte «Il Mattino» titolò a tutta pagina: «La voce divina si è spenta». La curatrice, del libro e del museo, Laura Valente, srotola un racconto cronologico in maniera stringata, e punteggiata da una straordinaria messe di illustrazioni, sottolineando la resistenza della leggenda carusiana, persino più della sua ugola incomparabile: don Enrico è stato capace di essere insieme orologio del suo tempo ed anticipatore dei tempi, di accendere un culto divistico, di solleticare ancora adesso polemiche ed entusiasmi, tanto tra i fanatici del belcanto come tra quelli della melodia napoletana classica.

A proposito della quale può essere preziosa la decisione di Neri Pozza di raccogliere in un unico cofanetto i due volumi della sua Storia della canzone napoletana: il primo andava dal 1824 al 1931, il secondo, dal 1932 al 2003, lasciando scoperto solo l'ultimo ventennio, meritevole aspettare ancora un po' per trovare uno sguardo non immediato, meno a caldo.

Anche qui con rigore storico e critico, Scialò passa dalle radici e dall'era d'oro di cantaNapoli all'era di latta, a quella della grande depressione culturale, della contaminazione e dell'appiattimento, alla rivoluzione americana, eppure verace, di Renato Carosone e di Pino Daniele, per arrivare sino al rap più contemporaneo. 

 

Proprio in reazione alla contaminazione dilagante arriva Avvenne a Napoli, il restauro gentile della canzone napoletana in purezza cesellato da Eduardo De Crescenzo e dal pianista Julian Oliver Mazzariello. La Nave di Teseo, dopo il successo della prima edizione, ha messo in vendita un cofanetto extralarge che oltre al cd ed al libro di Federico Vacalebre Storie del canzoniere napoletano, contiene il doppio vinile e gli spartiti con i delicatissimi arrangiamenti di De Crescenzo e Mazzariello, accompagnati da un nuovo scritto di Vacalebre: qui non solo i «fattarielli» non trovano più spazio, ma vengono demoliti uno dopo l'altro. «'O sole mio»? «'A vucchella»? Non fu scritta al Gambrinus e, soprattutto, più che una romanza d'amore, è lo sfottò di una signorina non proprio giovanissima la cui boccuccia è bella come... nu sciurillo, un fiore di zucchina, non proprio il massimo della desiderabilità. Non fu scritta a Odessa. Una sorta di manuale anti-aneddotico per reclamare il primato che conta: la forma canzone nacque a Napoli. E come la canta Eduardo oggi non la canta nessuno. 

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