Sanremo 2021, la svolta rock: è la grande notte dei Maneskin, battuti Fedez e Ermal Meta

Sanremo 2021, la svolta rock: è la grande notte dei Maneskin, battuti Fedez e Ermal Meta
di Federico Vacalebre
Domenica 7 Marzo 2021, 08:10 - Ultimo agg. 14:33
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Ermal Meta, Willie Peyote, Arisa, Annalisa, Maneskin, Irama, La Rappresentante di Lista, Colapesce-Dimartino, Malika e Noemi: questa la top ten sanremese di partenza, risultato di un complicato intrigo di vicoli e delitti, pardon di giurie demoscopiche, critiche e orchestrali. Ma è il televoto ad eleggere il terzetto che si gioca tutto al rush finale. Michielin-Fedez («Chiamami per nome») erano undicesimi e sono protagonisti di un recupero impressionante, ma non inatteso: lui ha 11,6 milioni di follower, la moglie Chiara Ferragni il doppio, e lei invita a votare per il marito con 19 storie e tre post di cui uno con il piccolo Leone. Il web insorge, urla alla «slealtà» dell'operazione, il Codacons minaccia di adire alle vie legali. La polemica è inevitabile: quando si parlava di volere un Festival più social non si voleva questo. La coppia, comunque, se la deve vedere con Maneskin («Zitti e buoni» ed Ermal Meta (che vince il Premio Giancarlo Bigazzi per la migliore musica con la sua «Un milione di cose da dirti»). E a «moderare» il televoto ci pensano sala stampa e giuria demoscopica.

Vincono i Maneskin, Sanremo si tinge di rock, trascinato dalla grinta di Damiano: chitarre, sudore e adrenalina alla vecchia maniera.

Altro che trap, rap e indie pop. Secondi Michielin-Fedez, terzo Meta, quarti la rivelazione Colapesce-Di Martino, quinto Irama, sesto Willie Peyote, e poi giù, fino a Bugo (24), Aiello (25) e Random, ultimo. 

 

Verdetto a parte, Amadeus, recordman sanremese del 2020, uscito scornato dal bis quest'anno, ha imparato che non sempre pensare positivo porta fortuna. Per adesione alla filosofia jovanottiana, per spirito aziendale o per errore di calcolo ha provato a mettere in piedi un Festival di «ripartenza», ma si è trovato a gestire un Festival al massimo di «resistenza», finito con un verdetto che ricorderemo forse meno del vuoto avvertito ieri sera dentro e fuori dall'Ariston: un'emozione raggelante, mai provata in 41 anni di militanza nella terra dei cachi.

Fiorello, fedele all'amicizia di una vita, lo ha seguito, ha provato a fargli da rete, ma la caduta è stata inevitabile per tutti e due. Tanto che lo showman ieri ha indirizzato un saluto a chi verrà dopo di loro: «Vi auguro questa platea piena, la galleria piena, il pubblico in mezzo all'orchestra, milioni persone fuori dell'Ariston, ospiti internazionali, ma vi deve andare malissimo, ve lo auguro con tutto il cuore».

Più che la canzone, si sa, qui contano i numeri, lo share, l'Auditel. Tutto il resto è noia. O quasi. Gli ascolti confermano un inevitabile calo (8.014.000 telespettatori con il 44,7%, venerdì contro i 9.504.000 e il 53,3% dell'anno scorso). 

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Tenera e spaventata è la notte della canzone italiana che «resiste» grazie a Sanremo. Un po' di brani sono già in hit parade, un po' di album sono usciti o stanno per uscire, nessun concerto può essere annunciato, forse qualcuno si esibirà in streaming per non cantarsi addosso, per non viversi addosso. Ama tornerà alla sua amata «normalità» fatta di quiz e giochi, Fiore sparirà per un po', ha bisogno di chiarirsi le idee. Tra i giovani campioni in gara qualcuno, come Madame, ha mostrato di che caratura è anche al pubblico più adulto, portando a casa un ottavo posto e il Premio Sergio Bardotti per il testo della sua «Voce».

Nell'ultima serata di questa maratona Fiore ha reso omaggio a Little Tony e ricevuto a sorpresa il Premio Città di Sanremo. Ornella Vanoni, 86 anni, ha celebrato se stessa, tra classici e novità come «Un sorriso dentro il pianto» divisa con il suo autore Francesco Gabbani. 

 

Poi... la musica è finita davvero. Chi è uscito dall'Ariston si è sentito solo come chi era rimasto a casa, ma, forse, abbiamo tutti una «Musica leggerissima» da fischiettare in più, una canzone popolare da usare sotto la doccia, sui balconi (speriamo di no), nelle feste da riconquistare. E, allora, questo Sanremo che non è stato di ripartenza, ma di resistenza, finalmente ci spiega la sua identità più profonda: ci siamo tolti la mascherina per un attimo respirando aria fresca, sentendoci sicuri, sognando che «tutto questo» non fosse successo. Per questo i picchi di ascolti li hanno portati a casa Diodato, Mahmood, persino Bugo: ci ricordano la vita prima... dell'indicibile che giornali e tg ci dicono ogni giorno. 

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