Gomorra, l'ultimo episodio della prima stagione: i protagonisti si raccontano

Gomorra, l'ultimo episodio della prima stagione: i protagonisti si raccontano
di Alessandra De Tommasi, Ilaria Ravarino
Martedì 10 Giugno 2014, 10:05 - Ultimo agg. 10:15
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ROMA - Promossa da pubblico e critica, venduta in 60 paesi nel mondo, definita da Variety la risposta italiana a The Wire, “Gomorra - La Serie” torner su Sky con una seconda stagione. Intanto oggi si conclude la prima, con gli ultimi 2 episodi in onda dalle 21.10 su Sky Atlantic Hd e Sky Cinema 1Hd.



Forte di un’ottima colonna sonora (a cura dei post-rocker Mokadelic) e premiato dagli ascolti - l'esordio ha doppiato i numeri della serie “Romanzo Criminale” e l’ultimo episodio ha toccato i 750mila spettatori medi - il cupo affresco in 12 episodi diretto da Stefano Sollima con Claudio Cupellini e Francesca Comencini ha segnato un punto di svolta nelle serie tv. Incontriamo due dei protagonisti, Marco D'Amore (Ciro Di Marzio), Marco Palvetti (il boss Salvatore Conte) e Maria Pia Calzone (Imma Savastano).



MARCO D'AMORE (CIRO DI MARZIO): "IL MIO PERSONAGGIO PERDE IL LATO UMANO" (di Alessandra De Tommasi) Non esistono mezze misure in Gomorra – La serie. «E a Ciro, il mio protagonista – spiega Marco D’Amore – il boss affida l’educazione criminale del figlio ma poi, caduto il boss, inizia una spirale di violenza inarrestabile. Non c’è nessun eroe, come d’altronde succede nella realtà. Ecco perché la serie non è conciliante né pacificatrice».

Un ruolo, quello di Ciro, che ha richiesto un duro lavoro sul fisico: «Ho perso 20 chili, rasato barba e capelli e fatto un training che mi permette di smontare la pistola in pochi secondi - racconta D’Amore - E poi è iniziato il processo di annullamento dell’umanità di Ciro e che lo porta a conseguenze terribili su moglie e figli… un punto di non ritorno».

Con Saviano, è il coronamento di un percorso di anni insieme: «La mia stima per Roberto è nata molto prima della serie, eravamo a scuola insieme, io al primo anno, lui al quinto. Quei giorni con lui sono stati indimenticabili».

Bando alle polemiche, insomma: «Per me sono strumentali, innescate da mezzi politicanti. La serie è totalmente estranea al problema dell’emulazione». Niente eroi, insomma. «È impossibile perché i personaggi sono negativi e se fino alla puntata 8 ci fosse stata qualche forma di empatia con Ciro a causa delle vessazioni subite, ora non più. Infatti dopo mi sono piovute addosso accuse e ingiurie da parte di chi non capisce il distacco tra ruolo e attore». Il futuro? «Ho in cantiere un film con Luca Zingaretti».



MARCO PALVETTI (SALVATORE CONTE): "NESSUN RISCHIO EMULAZIONE" (di Ilaria Ravarino) Marco Palvetti, 26 anni, è il rivale per fiction del clan Savastano, il boss Salvatore Conte. Attore di origini napoletane, a Roma per studiare all'accademia Silvio D'Amico, con Gomorra è alla sua prima esperienza «cinematografica», come la definisce lui, perché «per professionalità e qualità questa serie è più cinema che tv». O meglio: «Il successo di Gomorra mi fa pensare che la nostra tv stia ripartendo - dice - finalmente sul piccolo schermo si può dire qualcosa di importante». Importante ma anche, come accaduto a Gomorra, controverso. Per Palvetti le polemiche che hanno circondato il progetto «si sono spente grazie all'approccio artistico della serie. Gomorra non è un documentario, ma un racconto romanzato, attento al realismo dell'atmosfera».

Per lui, da napoletano coinvolto fin dall'inizio nel progetto, «il rischio identificazione non esiste. Nella storia non ci sono eroi, nessuno vorrebbe vivere la loro vita. Allora è più rischioso un progetto come I Sopranos, che, pur partendo da presupposti diversi, dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie scelte». Spettatore di Romanzo Criminale («L'ho apprezzato»), come per i suoi colleghi per Palvetti si apre adesso la lotteria della popolarità: «La popolarità è conseguente alla qualità che costantemente si assicura al proprio lavoro. Mi auguro solo di riuscire a esplorare anche il mercato internazionale».



MARIA PIA CALZONE (DONNA IMMA): "RUOLO ECCITANTE" Nessuna esitazione, zero rimpianti: Maria Pia Calzone dà vita a una spietata donna della criminalità organizzata che smette di essere “la moglie di” per diventare boss.

Essere a capo di un’organizzazione criminale fa tremare le ginocchia?

«Gestire il potere è affascinante e alle donne è concesso raramente. Ecco perché è stato eccitante interpretare un capo della camorra».

Nessun ripensamento?

«Imma fa quello che deve per salvare famiglia e soldi e, anche se non ne condivido i metodi, sono convinta che la fiction abbia estrema necessità di personaggi del genere».

Cos’è cambiato?

«La prospettiva: donne come Imma dimostrano che le donne possono essere molto di più che semplice spalla ai personaggi maschili».

Un bilancio?

«Diventare capo della camorra per fiction è stato eccitante ed essere diretta da Francesca Comencini negli episodi della mia scalata è stato doppiamente edificante perché ho vissuto questa come una sfida tutta al femminile».





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