Antonio, 25enne di Barra,
è campione nazionale di parkour

Antonio, 25enne di Barra, è campione nazionale di parkour
di Alessandro Bottone
Lunedì 7 Dicembre 2020, 14:35 - Ultimo agg. 14:56
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«Ancora non ci credo» dice Antonio Alberto Bosso. Ieri a Rimini è stato premiato come il nuovo campione senior freestyle di parkour. 25 anni, vive a Barra, quartiere ad est di Napoli, dove lavora a contatto con i giovanissimi di periferia. Ha conquistato l'Oro a Rimini nel freestyle con un punteggio totale di 32 e un tempo di 57,18. Una vittoria che non si aspettava anche se sa bene di aver lavorato molto e in pochissimo tempo. Dopo il delicato intervento al cervello subito a dicembre 2018, e un anno di stop nel 2019, l'atleta di Barra ha ripreso ad allenarsi poco prima che scoppiasse la crisi sanitaria nel nostro paese.

La sua è una storia di impegno e sacrifici come tanti giovani che lavorano silenziosamente per riscattare sè stessi e il proprio quartiere. Antonio ha iniziato ad allenarsi quando aveva 14 anni, in piena adolescenza. Lo fa per molto tempo in strada, così come tutti gli appassionati di parkour, disciplina riconosciuta solo di recente. Da tanti anni frequenta la società sportiva Campania 2000, seguito da Andrea Prota e Marco Castaldo. É uno dei sette atleti della Nazionale italiana di parkour creata a gennaio di quest'anno.

Tante ore di esercizi e sacrifici per quello che Antonio non reputa solo uno sport ma una vera e propria passione oltre che strumento di riscatto. Per lui il talento arriva dalla sofferenza che ha provato sulla sua pelle e dalla quale ha preso la forza per andare avanti e diventare la persona che è oggi. Nel 2015 ha fondato l'associazione sportiva dilettantistica Ronin seguendo diverse discipline: non solo parkour ma anche ginnastica artistica, acrobatica aerea e circense, hip hop, trampoleria. Questa realtà è una costola della cooperativa Il Tappeto di Iqbal di Giovanni Savino che opera negli spazi della scuola Rodinò di Barra, fulcro di numerose attività a sfondo sociale per i giovanissimi di Napoli Est e per le loro famiglie. È proprio nella cooperativa che Antonio ha iniziato il suo percorso prima da partecipante e poi da educatore.

Qui lo sport è visto non tanto come una disciplina ma come un momento educativo, uno strumento per creare un luogo accogliente e per fare comunità. Con la Ronin e con Il Tappeto di Iqbal segue bambini e ragazzi di Barra, dai 4 ai 18 anni. Il parkour, in particolare, affascina piccoli e adolescenti perché li carica - li "gasa", come dice Antonio - di adrenalina. É solo un modo per incanalare l'enorme energia dei giovanissimi, per farli concentrare ed educarli. Poi arriva il riscatto che Antonio vede nei loro semplici gesti, come quando arrivano da soli ai laboratorio e non vogliono andar via per la voglia di allenarsi ancora e stare insieme. É con questi momenti che imparano a rispettare sè stessi e gli altri.

In un quartiere dalla forte dispersione scolastica e povertà educativa il parkour - e lo sport, in generale - ha salvato Antonio, dandogli la possibilità di conoscere le opportunità di questo pezzo di Napoli di cui si è innamorato.

Per la sua storia è diventato testimonial della Fondazione ARPA che promuove la ricerca e la formazione in vari campi della sanità: «Un esempio virtuoso per tanti giovani, come uomo e come sportivo».

Ancora più calorose le parole dei suoi coach: «Il talento di Antonio è fuori discussione da anni, ma non perché campa di rendita. Nonostante gli acciacchi, lo dimostra ogni volta. Esempio di costanza e caparbietà» hanno scritto sulla pagina Facebook della Campania 2000 commentando la prestazione di Rimini. Ora, come tanti atleti, guarda avanti al prossimo obiettivo. Il sogno è andare ai Mondiali in Giappone. Una sfida ancora più dura.

«Mi piacerebbe che quelli che criticavano la mia storia oggi si mettessero in fila a farmi i complimenti» dice Antonio Bosso. «Fino a questo momento è stata una battaglia per me e Il Tappeto di Iqbal far comprendere alle istituzioni l'importanza del parkour». «Oggi - evidenzia Antonio - la scuola Rodinò ha affidato alla mia ASD la palestra. Spero che l'assessore Borriello e il Comune di Napoli non abbiamo due pesi e due misure e che mi affidino la palestra della scuola per dare opportunità ai ragazzi del territorio». E aggiunge: «A Barra, chissà perché, si viene solo per tre motivi: quando si spara, quando ci sono le elezioni e quando non si può far a meno di complimentarsi con chi vince».

«In questo momento troppe persone, sia per necessità di esistenza vivono delle luci e vittorie altrui, si affannano a fare dichiarazioni e telefonate: le persone oneste intellettualmente e vere che non hanno bisogno di ciò in questo momento tacciono perché oggi è la giornata di Antonio Bosso, figlio di Barra e talento da raccontare senza ombre e cappelli. L’amore tra me e Antonio è custodito nei nostri cuori e sta bene dove sta: amo Antonio e amo i miei figli di Iqbal e questo basta» commenta così la vittoria Giovanni Savino, presidente della cooperativa Il Tappeto di Iqbal.

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