Maresca su Maignan: «Ho agito da fratello, poi ho garantito ai giocatori che lo avremmo tutelato»

L'arbitro di Udinese-Milan ha parlato ai nostri microfoni, raccontando quanto accaduto alla Dacia Arena

Fabio Maresca arbitro
Fabio Maresca arbitro
di Benedetto Saccà
Lunedì 22 Gennaio 2024, 16:22 - Ultimo agg. 24 Gennaio, 08:40
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Fabio Maresca, l'arbitro di Udinese-Milan di sabato, ha vissuto e gestito l'episodio di razzismo nei confronti del portiere rossonero Mike Maignan.

Maresca, ripercorriamo quei momenti.
«Nell'istante in cui Maignan è andato verso gli spogliatoi, il gioco era da tutt'altra parte. È stato lui a far presente cosa stesse accadendo al quarto uomo, che mi ha informato via auricolare».

Cosa le ha detto Maignan?
«Mi ha chiesto se avessimo capito quel che stava avvenendo.

Mi sono comportato da fratello maggiore, ho provato dispiacere per lui e un grande disagio per quei buuu beceri. Gli ho detto che avremmo fatto diffondere l'annuncio allo stadio. Poi l'ho rassicurato: "Qualsiasi cosa tu senta, vieni da me e faremo il possibile"».

Ci vuole coraggio per sospendere una partita di Serie A?
«Credo di aver fatto quel che avrebbero fatto i miei colleghi. Quando una partita di A viene macchiata dalla discriminazione, è giusto dare un segnale forte, visto che siamo tutti in prima linea contro il razzismo».

Si aspettava che Maignan tornasse negli spogliatoi?
«È stato un gesto spontaneo, per pochi istanti».

Se fossero tutti usciti dal campo, cosa sarebbe accaduto?
«Non lo so, poi sarebbe spettata al giudice sportivo la decisione. Non si ha nemmeno una casistica. Ma a Udine non si è creata una situazione simile, c'è stata grande collaborazione tra tutti».

Un'immagine le rimane nella mente più delle altre?
«Quando Maignan, camminando, senza rabbia, si è allontanato dall'area di rigore. Questo mi ha fatto pensare che saremmo dovuti essere solidali con lui e mi ha fatto decidere per la sospensione».

Lei si è sentito solo?
«No, ho parlato con i capitani, i dirigenti, gli allenatori. Siamo tutti sensibili al tema. Forse, davvero, in quei momenti, eravamo tutti una squadra».

Come è riuscito a far rientrare il Milan in campo?
«Parlando con il capitano Calabria e con Pioli, ho spiegato che avremmo fatto tutto il possibile per garantire a Maignan la massima tutela. Ho chiesto loro di tranquillizzare il giocatore, di fare in modo che i calciatori rientrassero. Poi tutto è tornato in un alveo di normalità».

È stato un fatto episodico?
«Che sia episodico o no, è come la violenza sui giovani arbitri: anche un solo caso è troppo. Pure se episodico, va combattuto come fosse un fenomeno sistemico. Non si può pensare che, anche succedesse una volta ogni tre anni, andrebbe bene. I miei figli erano a casa e poi mi hanno domandato perché avessero detto a Maignan quelle parole».

Cosa si può fare di più?
«Dobbiamo essere determinati. Non dobbiamo minimizzare o dire che erano cinque o dieci individui, né etichettare una tifoseria come razzista. Bisogna trovare il modo per individuare subito i responsabili e far sì che non vadano più allo stadio. Trasferire il messaggio per cui chi sbaglia paga. Se riuscissimo a individuarli e dar loro le sanzioni giuste, potrebbe essere una forma di deterrenza».


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