Perinetti blinda Pazienza: «Con lui fino in fondo»

Il responsabile dell'area tecnica conferma la fiducia all'allenatore: «E' il momento di restare lucidi e di concentrarci sui playoff»

Giorgio Perinetti
Giorgio Perinetti
di Marco Festa
Martedì 12 Marzo 2024, 00:05
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«Oggi parlerò con Pazienza. Insieme analizzeremo l’ultima partita. Sono un passionale, ma la parte cerebrale deve prevalere su quella emotiva. È il momento di restare lucidi e concentrarci sui playoff. Pensare di amministrare il finale di stagione è la strada sbagliata: abbiamo bisogno di vittorie e prestazioni che ci diano slancio in classifica e convinzione nei nostri mezzi. Dobbiamo abituarci a tenere alti quei livelli di tensione e adrenalina che saranno fondamentali in gare da dentro o fuori».

Giorgio Perinetti ci mette la faccia dopo Virtus Francavilla-Avellino 0-0 e lo fa partendo da un presupposto chiaro: non ha intenzione di puntare tutte le sue ultime fiches su un altro allenatore e non solo perché il mercato non sembra offrire una scelta poi così ampia di potenziali sostituti risolutivi. Si va avanti con Pazienza, con fiducia ma in attesa di progressi. Si riparte da un altro mezzo passo falso.

Direttore, cosa è mancato per tornare al successo in trasferta?

«Un guizzo che mascherasse la stanchezza. Era la terza partita in otto giorni, la più difficile in qualsiasi ciclo di impegni ravvicinati come dimostrato anche dal pareggio del Benevento contro il Messina e dalla sconfitta del Crotone con il Latina. Peccato per il palo di Gori e complimenti a Ghidotti, che ha dimostrato di essere affidabile. Non è stato facile giocare su un campo di calciotto più che di calcio. Il vento è stato un fattore e se la Virtus Francavilla non prende gol in casa da cinque partite non è un caso».

Fallito il -2 dal Benevento secondo. Avellino abbonato alle occasioni sciupate: che aria tira in società?

«La proprietà non ha mai parlato finora e non lo farò io per loro. Per quanto mi riguarda, sarei ipocrita nel non ammettere che mi dispiace per le tante occasioni perse. La Juve Stabia si è ritrovata con la mano del Padre Eterno sulla testa. Con pieno merito e tanta fortuna negli episodi è stata sempre prima. Col tempo è diventato evidente che il pareggio in casa contro di loro è stato il vero spartiacque in negativo del nostro campionato. Il secondo posto sarebbe comunque un grande risultato. Forse qualcuno ha dimenticato come è andata a finire la scorsa stagione».

Manca equilibrio nei giudizi?

«Comprendo che le aspettative sono alte, ma lavoro personalmente a questo progetto da soli otto mesi. Vedevo il Benevento davanti a tutti, ma c’è la Juve Stabia. Il calcio non è una scienza esatta. Salvo miracoli sportivi, solo programmando a lungo termine si ottengono risultati. Non c’è una causa per cui l’Avellino è terzo, ma una serie di concause come le disattenzioni individuali che abbiamo pagato a caro prezzo».

A questo Avellino manca uno spirito battagliero?

«Tutti vorremmo vedere un Avellino più sanguigno, aggressivo e feroce, ma il calcio è fatto di scelte. Pazienza predilige una squadra ordinata ed equilibrata. Per non perdere lucidità vanno dosate le energie».

L’Avellino ha le carte in regola per vincere i playoff?

«Abbiamo preso giocatori esperti proprio per affrontare determinati tipi di sfide, in cui l’esperienza farà la differenza. Mi auguro che i veterani dimostrino di avere una mentalità granitica».

Ha un messaggio per chi è scontento di lei, di Pazienza o dei giocatori?

«Posso assicurarvi che dal primo giorno lavoriamo tutti al massimo per riportare l’Avellino dove merita. Rispetto a chi invoca un cambio in panchina prima dei playoff ricordando che l’Avellino è andato in B affidandosi in corsa a Boniek, Oddo e Vavassori, dico che il calcio di oggi è molto cambiato. Va al doppio della velocità. Prendiamo Baldini a Crotone: non mi sembra abbia dato la scossa dalla mattina alla sera. A Pazienza va riconosciuto il merito di aver fatto crescere il gruppo a livello collettivo e individuale. Si sta misurando con una realtà diversa da Cerignola dove ha compiuto un bell’exploit. L’appoggio nei suoi confronti è pieno, ma deve trovare dei correttivi nelle situazioni che ci vedono non particolarmente brillanti. A chi lo critica per come comunica posso dire che preferisco un allenatore alla De Rossi, bravo sul campo, più che alla Mourinho, con una maggior capacità nella gestione del rapporto dialettico con i tifosi e la stampa».