Acerbi-Juan Jesus: non è successo nulla, perché l'interista è stato assolto

Non c'è il supporto probatorio e indiziario esterno

Juan Jesus e Acerbi
Juan Jesus e Acerbi
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Mercoledì 27 Marzo 2024, 09:17 - Ultimo agg. 28 Marzo, 09:12
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«La prova di un'offesa è stata raggiunta ma il contenuto gravemente discriminatorio rimane confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno, diretto e indiretto, anche di tipo testimoniale». Tradotto: Acerbi è stato assolto per insussistenza di prove dall'infamante accusa di essere un razzista. Altro che dieci giornate di squalifica e l'addio alla Nazionale. Aveva ragione Spalletti, che forse aveva già intuito tutto: «Per quel che mi ha detto Acerbi, non c'è razzismo. Se ne parla più di quanto sia avvenuto». Dunque, vale il principio, in dubio pro reo. Perché oltre a quel j'accuse di Jesus, non c'è nessuno che possa confermare che l'interista lo abbia chiamato «negro» dopo avergli detto «vai via nero».

La parola di Jesus contro quella di Acerbi. Game over. Non era vero che non c'era bisogno dell'onere della prova come invece una miriade di giuristi aveva raccontato in questi giorni, non era neppure vero che serviva la "prova regina" per far condannare Acerbi: serviva, eccome, per non far passare Jesus come una specie di visionario, di uno che non ha capito mezza parola di quello che stava succedendo nell'area dell'Inter al 60' del big match di San Siro.

Passa, per intero, la linea difensiva di Acerbi, dell'ad Marotta che era al suo fianco alla Pinetina nel momento dell'audizione alla Procura federale, dell'Inter che non aveva preso posizione dopo il fattaccio denunciato, del suo agente Pastorello che fin da subito aveva detto «Ace non ha mai detto nulla di razzista». Perdono il resto del mondo, non solo il brasiliano, s'intende: pensava che fosse sufficiente la sua deposizione. Ingenuamente. Invece, non bastava. Per il giudice sportivo Mastrandrea, che ieri pomeriggio ha depositato la decisione poco dopo le 15,30, nessuno può mettere in dubbio «il proferimento di alcune parole, offensive e minacciose da parte dell'interista a Jesus, ma il contenuto discriminatorio risulta percepito solo dall'"offeso" senza il supporto di alcun audio, video e finanche testimoniale».

L'assoluzione

«Adesso sciaquatevi la bocca», dice Claudia Scarpari, moglie di Acerbi. Che per giorni ha buttato giù centinaia di insulti social «Cin cin a chi ha minacciato me e la vita dei miei figli», scrive ancora. Assolto per mancanza di prove. Nel codice penale, è un'assoluzione piena. Acerbi non è razzista, recita la sentenza, e Jesus è «in buona fede». Un colpo al cerchio, un altro alla botte. Ma nessuno si sorprende. Insomma, che volete di più? Ovviamente l'impressione è che ci siano state delle lacune da parte degli inquirenti della procura federale nell'interrogatorio di Acerbi condotto da Giuseppe Chiné in video conferenza (per un'ipotesi di reato così grave non era il caso di fare tutto in presenza? Chi testimoni sono stati sentiti?) perché sono troppi gli interrogativi che restano. Mastrandrea riassume il lavoro svolto in questi giorni: le audizioni dei diretti interessati, il video dello scontro di gioco che, paradossalmente, risulta depositato dal calciatore Juan Jesus (chissà perché non è stato preso d'ufficio), nonché lo stralcio della registrazione dei pertinenti colloqui Arbitro/Sala VAR. Ed è stato sentito anche La Penna. Ecco, Mastrandrea racconta che all'arbitro vengono segnalato dal calciatore Juan Jesus «le presunte espressioni offensive di discriminazione razziale da parte di Acerbi. La Penna - c'è scritto - si rende disponibile con il brasiliano per ogni eventuale e conseguente decisione. Interrompe il gioco «al fine di consentire un chiarimento tra i calciatori». E infine decide di riprendere dopo un'interruzione di circa un minuto e mezzo «in seguito al confronto tra i calciatori e non avendo espresso il calciatore Juan Jesus alcun dissenso al riguardo». In pratica, Jesus ha accettato di continuare a giocare, di restare in campo e che non venissero presi provvedimenti contro Acerbi.

Le offese

Restiamo alla sentenza. Perché senza dubbio «l'atto del proferimento di alcune parole da parte dell'Acerbi nei confronti di Juan Jesus è sicuramente compatibile con l'espressione di offese rivolte, peraltro non platealmente (con modalità tali cioè da non essere percepite da altri), dal calciatore interista, e non disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso dal medesimo "offendente", il cui contenuto discriminatorio però, senza che per questo venga messa in discussione la buona fede del calciatore del Napoli, risulta essere stato percepito dal solo calciatore "offeso" (Juan Jesus), senza dunque il supporto di alcun riscontro probatorio esterno, che sia audio, video e finanche testimoniale». Chiaro, no? C'è Jesus e nessun altro ad aver sentito quel "negro". Neppure un compagno di squadra che ha testimoniato e che ha dato sostegno alle sue proteste. Per chiarire, ovviamente, da che parte sta la Lega, il giudice sportivo scrive: «Rilevato, altresì, che la condotta discriminatoria, per la sua intrinseca gravità e intollerabilità, perdipiù al colore della pelle, deve essere sanzionata con la massima severità, ma occorre nondimeno, e a fortiori, che l'irrogazione di sanzioni così gravose sia corrispondentemente assistita da un benché minimo corredo probatorio, o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo il livello minimo di ragionevole certezza, con un minimo corredo probatorio o quantomeno da indizi gravi, precisi e concordanti». È l'ultima parola. Non sono possibili ricorsi.

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