Chi fosse entrato l'altra sera allo stadio Maradona a venti minuti dalla fine avrebbe pensato di assistere alla partita di un Napoli in lotta per la retrocessione, non primo in classifica e lanciato verso lo scudetto. Tifosi che uscivano dopo il quarto gol del Milan, altri che in un settore preciso - la Curva B, che negli anni '80 diede a Nino D'Angelo lo spunto per una canzone di successo - dopo aver scatenato una rissa (e, fatto ancor più grave, fatto fuggire tifosi non appartenenti ad alcun gruppo) hanno cominciato a far partire una durissima contestazione contro De Laurentiis, liberando quei veleni che portavano dentro dalla scorsa estate. Era calato il silenzio di fronte ai successi della squadra (e della società), dopo la sconfitta hanno ripreso ad urlare.
Una vergogna.
Si pensava - o meglio: si sperava - che certe scene non si vedessero più nel momento storicamente più bello del Napoli. E invece, oltre al dispiacere per la sconfitta che peraltro non incide pesantemente sulla classifica, c'è l'amarezza di constatare che il problema ultrà continua ad esistere. Non sappiamo se Luciano Spalletti conosca la radice di questi gruppi, è certo che ha fatto un paragone azzardato alla vigilia della partita mettendo sullo stesso piano il silenzio dei tifosi e l'assenza di Osimhen. Su questo punto non vi è sintonia con Aurelio De Laurentiis, che li ha definiti in una sede istituzionale come la prefettura di Napoli «300-400 reietti». L'altra sera, in quella curva B, hanno fatto il più brutto degli autogol. E così perde Napoli, non il Napoli.